2° ITINERARIO - RIONE I MONTI (seconda parte)

febbraio 01, 2021


Totale del percorso km 4,8    Questa la mappa


Per questo secondo itinerario alla scoperta del Rione Monti, (qui la prima parte) partiamo, anche in questo caso, dall'altra Basilica Papale importante del Rione: San Giovanni in Laterano.
Innanzi tutto quella che noi chiamiamo semplicemente San Giovanni in Laterano in realtà si chiama Arcibasilica Papale e Cattedrale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista in Laterano.Si tratta della chiesa episcopale del Papa come Vescovo di Roma, e questo significa che solo il Santo Padre può celebrare la messa dal suo altare. Sorge nella parte meridionale del colle Celio, in una zona chiamata Horti Laterani, nel IV sec. d. C. ed è in assoluto la più antica basilica del mondo, tanto da essere definita “La Madre di tutte le chiese”. La proprietà un tempo apparteneva alla famiglia dei Laterani, a cui fu confiscata da Nerone, il quale accusò il console Plauzio Laterano di aver congiurato contro di lui, in quella che fu chiamata la congiura dei “Pisoni”.  In seguito, nel III secolo, Settimio Severo costruì qui un complesso militare chiamato "Castra nova equitum singularium" (Nuova Caserma delle guardie scelte) e donò parte dei terreni al suo amico e generale Tito Sextio Laterano, forse discendente dei precedenti Laterani.
Alla costruzione della prima basilica si arriva con Costantino. Dopo la vittoria su Massenzio, anche in virtù del sogno premonitore che fece la notte prima della battaglia, dove gli apparve un angelo con una croce ed una scritta “in hoc signo vinces”  (in questo segno vincerai), Costantino proclamò un editto con il quale riconosceva al cristianesimo la libertà di culto, e volle donare a Papa Melchiade i terreni del Laterano dove sorgeva la Caserma delle guardie scelte, (corpo da lui sciolto in quanto sostenitori di Massenzio) e una domus Faustae, forse la stessa Fausta, sorella dell'Imperatore sconfitto, che aveva sposato in seconde nozze. La Basilica venne consacrata nel 324 ( o 318 ) da Papa Silvestro I. Aveva anch'essa cinque navate e per quasi mille anni, dalla fondazione al periodo avignonese, fu la più importante chiesa della cristianità, centro del potere papale e residenza del pontefice.
Ripetutamente danneggiata e restaurata, fu continuamente arricchita nel corso dei secoli. Quando nel 1378, con l’elezione di Gregorio XI, il papato torna di nuovo a Roma, il Laterano è in pessime condizioni, e i papi preferiranno trasferirsi al Vaticano. È nel 1650 che si avrà il totale riassetto della Basilica, con Innocenzo X, il quale affidò la completa ricostruzione a Francesco Borromini.
Entrando nella Basilica non si può non notare la spiccata eleganza che caratterizza le opere di questo genio. Egli ridisegnò la pianta della chiesa a cinque navate, collegando quella centrale con le laterali tramite cinque archi, intervallati da pilastri giganti, nei quali ricavò nicchie profonde in marmo verde antico all'interno delle quali vennero successivamente poste le statue dei 12 Apostoli (1770-1721). È sotto il papato di Alessandro VII, che fu fatto restaurare il mosaico dell’abside e trasferire, dalla Chiesa di Sant'Adriano al Foro Romano, i battenti di bronzo dell’antica Curia romana, che oggi costituiscono il grande portone centrale della Basilica. La facciata è opera di Alessandro Galilei e verrà eseguita tra il 1732 e 1735.
Essa presenta un solo ordine di lesene e semicolonne corinzie, un timpano centrale e una balaustra coronata da quindici statue raffiguranti Cristo, San Giovanni Battista ed Evangelista e i dottori della Chiesa; altissime, sono visibili da lontano e simboleggiano la forza e la potenza della Chiesa. All’ interno le reliquie più importanti sono le teste degli apostoli Pietro e Paolo conservate sul baldacchino gotico sovrastante l’altare papale. Sotto il tabernacolo invece è conservato l’altare in legno su cui avrebbero officiato messa i primi papi. Il transetto è uno dei più rappresentativi complessi del manierismo romano di fine ‘500, con opere, tra gli altri, del Cavalier d’Arpino, Cesare Nebbia, Orazio Gentileschi, Giovanni Baglione. Se proprio volete sapere tutto su questa meravigliosa basilica vi consiglio di consultare il sito ufficialeUscita dalla Basilica, costeggio il Palazzo Apostolico al Laterano, che fu residenza ufficiale dei sommi pontefici dalla prima metà del secolo IV fino al trasferimento in Avignone, e che veniva chiamato il Patriarchio
Arrivo nella parte retrostante la Basilica, dove svetta alto l’obelisco, esattamente al posto in cui un tempo si trovava la statua di Marco Aurelio, quella oggi conservata nei Musei Capitolini, che si salvò dalla fusione, solo perché per secoli, creduta essere quella di Costantino. E' il più alto di Roma,  32,18 metri, innalzato qui dall'architetto Domenico Fontana. Trasportato da Tebe a Roma nel 357 dall'imperatore Costanzo II, figlio di Costantino, e collocato nel Circo Massimo, dove presumibilmente fu abbattuto nel 549 dai goti di Totila, venne recuperato da Sisto V nel 1587 e collocato nella piazza in asse con la basilica di S. Maria Maggiore. La Fontana, invece, fu fatta costruire da Clemente VIII, alimentata con l'acqua Felice, e terminata nel 1606 sotto il pontificato di Paolo V. Mi soffermo ad ammirare la bellissima Loggia delle Benedizioni con i suoi affreschi realizzati tra il 1587 ed il 1588, da un gruppo di pittori con a capo Giovanni Guerra e Cesare Nebbia, e mi avvio quindi rapida verso il  Battistero Lateranense.
A vederlo da fuori, così sobrio, non ci si aspetta di trovare all’ interno le grandi decorazioni che invece contiene. È a pianta ottagonale, con la cupola sorretta da due ordini di colonne, di cui quelle nell'ordine più basso, di porfido rosso con capitelli ionici, corinzi e compositi alternati; quelle del piano superiore più sottili in marmo bianco architravate. Il colonnato delimita, con una balaustra di colonnine marmoree, la fonte battesimale, costituita da un’urna in basalto verde, collocata qui nel ‘500.
Sulle pareti perimetrali interne del battistero vi sono affreschi con scene della Vita di Costantino. Lo sguardo si perde dalle pareti al soffitto, dalle cappelline laterali ai pavimenti, mi siedo su una delle panche e circondata da tanta meraviglia, cerco di saperne di più leggendo qui.
Tornata di nuovo sulla Piazza, l’attraverso dirigendomi verso Via di Santo Stefano Rotondo, alle spalle dell’Ospedale San Giovanni Addolorata.
La percorro fin quando, sulla mia sinistra, appaiono le arcate dell’Acquedotto neroniano. Passando sotto una di esse si accede al cortile, circondato da mura romane, nel quale vi è l'ingresso alla chiesa. È la Basilica a pianta circolare più antica a Roma, ed una delle più antiche d'Italia. Dedicata al diacono e primo martire Santo Stefano, era costituita, in origine, da tre cerchi concentrici, con quattro cappelle sporgenti che formavano una croce greca, e per questo molto simile alla Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.
Fu costruita probabilmente intorno al 460 d.C., sui resti dei "Castra Peregrinorum" (caserma per le truppe delle regioni provinciali distaccate a Roma), per volere di Papa Leone I, ma venne consacrata da Papa Simplicio. C’è chi sostiene che possa invece essere stata costruita sotto Costantino, un secolo prima, e quindi questi potrebbero essere stati interventi di restauro.
Il cerchio centrale era (ed è) circondato da 22 colonne di recupero, con altezze differenti. Questo il motivo per cui le basi su cui poggiano sono diverse fra loro, mentre i capitelli sono stati appositamente costruiti per la chiesa nel V secolo. Successivamente nel VII secolo, Papa Teodoro I fece trasferire qui, da una catacomba sulla via Nomentana, le reliquie dei Santi Primo e Feliciano, creando per la loro sistemazione, una cappella nel braccio nord-orientale dell’ambulacro esterno. Nell'abside un mosaico raffigura i due Santi ai lati di una croce gemmata con il Cristo benedicente, non crocifisso ma rappresentato in un medaglione.
Una figura simbolica abbastanza rara, che si ricollega alla primitiva tradizione iconografica del cristianesimo, quando si evitavano rappresentazioni troppo crude. La cosa crea un curioso e forte contrasto con i realistici affreschi, successivamente eseguiti da Antonio Tempesta e dal Pomarancio, che ricopriranno l’intero muro dell’ambulacro. Nel XII secolo, infatti, la chiesa dopo un periodo di decadenza, venne restaurata da Papa Innocenzo II. L’intero anello esterno e tre dei quattro bracci vennero tolti e restò solo quello che conteneva la cappella dei Santi. Si creò un porticato di ingresso, coperto a volta, a cinque arcate su colonne in granito e capitelli tuscanici.
Per rinforzare la struttura venne eretto nello spazio centrale un muro di tramezzo aperto da tre archi sorretti da due grandi colonne di granito rossastro con capitelli corinzi.
E’ in questi anni che si iniziò poi a lavorare alla suddetta  decorazione interna ad affresco con il Pomarancio. Insieme a Matteo da Siena che si occupò delle prospettive, l’artista realizzò 34 scene raccapriccianti del martirio di innumerevoli santi, che avevano in un certo senso, lo scopo di avvertire i giovani sacerdoti, che andavano in paesi lontani per convertire la popolazione al cristianesimo, dei pericoli a cui andavano incontro. Nella chiesa si pensa abbia predicato anche san Gregorio Magno, al quale viene attribuita una cattedra che tuttora è qui conservata, un sedile in marmo di epoca romana, dal quale vennero eliminati nel XIII secolo la spalliera ed i braccioli.
Nel 1613 venne collocato sull'altare  un grande tabernacolo che ora si trova nell'ambulacro. Per un lungo periodo la chiesa è stata sottoposta ad un intervento di sicurezza, conseguente ai lavori della metro C, per cui l'intero perimetro dell'anello affrescato è stato tamponato con strutture di consolidamento, e 34 pannelli sono stati posti davanti agli originali coperti. Ora finalmente la struttura è stata "liberata" e metà degli affreschi originali restaurati. 
Da Santo Stefano Rotondo, passando di nuovo sotto l'arco neroniano e svoltando a sinistra, arriviamo in Piazza Celimontana, passiamo davanti all'Ospedale Militare e percorrendo tutta via Celimontana, arriviamo in Via San Giovanni in Laterano dove, dopo pochi passi, troviamo l’entrata laterale della Basilica di San Clemente.
In realtà l’entrata “ufficiale” è quella preceduta dal quadriportico, a cui si accede tramite un protiro sorretto da quattro colonne di spoglio, da Piazza San Clemente.  La facciata, è stata realizzata fra il 1713 e il 1719 da Carlo Fontana in un sobrio stile barocco, e al centro, sopra le arcate del portico, ha un grande finestrone ad arco a tutto sesto inquadrato fra due lesene. Alla sinistra della facciata il campanile. Visitare l’antica Basilica di San Clemente è un’esperienza unica, significa sfogliare la storia di Roma come una cipolla, inoltrarsi in un viaggio in discesa nei secoli, perché sotto di una chiesa che già sembra essere molto antica, se ne nasconde un’altra che lo è ancor di più, la quale a sua volta è costruita su antichi edifici romani. Praticamente si fa un viaggio nel passato, scendendo di oltre 20 metri al di sotto dell’attuale piano stradale, fino ad arrivare al I secolo d.C. L’attuale Basilica fu costruita da Papa Pasquale II, nei primi anni del 1100, che la dedicò a San Clemente, quarto papa della storia della chiesa, che morì in Crimea martirizzato: legato ad un ancora fu gettato nel Mar Nero, dove annegò. Venne eretta per sostituire la precedente Basilica, distrutta dai Normanni, durante il sacco di Roma del 1084, guidati da Roberto il Guiscardo. La cosa che più colpisce appena entrati è, nel mezzo della navata, la Schola Cantorum, che reimpiega diversi frammenti provenienti dalla chiesa inferiore.
Al termine di questa si trova l'altare maggiore, sovrastato dal ciborio medievale. Non si può non restare incantati dal meraviglioso mosaico absidale, con al centro Cristo crocefisso tra la Vergine e San Giovanni Evangelista.
Sulla croce sono dodici colombe che rappresentano gli apostoli e alla sua base si diparte un cespo di acanto, tra i cui girali si trovano figure di animali e uomini. Al di sotto del mosaico vi è un affresco del IV sec.  con Cristo, la Madonna e gli Apostoli. Molto bella e suggestiva è la Cappella di Santa Caterina, nella navata sinistra, completamente affrescata da Masolino da Panicale con Storie della vita della Santa, di Sant’Ambrogio e una Crocefissione.
A questo punto iniziamo il nostro viaggio “a ritroso”: oltrepassando la porta a vetri della biglietteria, ci si sente subito come risucchiati in un capitombolo storico lungo cinque secoli. La prima stazione è la Basilica del IV secolo d.C. che presenta, lungo le sue pareti, magnifici affreschi primitivi, raffiguranti miracoli attribuiti a San Clemente: uno dei più importanti è quello che narra la storia del prefetto Sisinno, raccontata come un “fumetto” dove i dialoghi appaiono vicino alla testa dei personaggi: la messa celebrata da San Clemente; Teodora che si intrufola per ascoltarlo; Sisinno che non condividendo la conversione della propria moglie, la vuole riportare a casa, e ordina ai suoi servi di catturare Clemente, ma per intercessione divina, sia lui che loro diventano ciechi, scambiano il papa per una colonna, e trascinandola a fatica, vengono esortati dal prefetto con la colorita espressione “Fili de la pute, traite”, considerata tra le più antiche iscrizioni in lingua italiana e anche la prima “parolaccia” mai immortalata su un bene pubblico. Continuando la discesa nel terzo livello, troviamo due edifici, separati, fra loro, da uno stretto vicolo.
Quello sulla destra è una costruzione in mattoni, probabilmente una insula, la tipica casa romana, suddivisa in piccoli appartamenti disposti intorno a un cortile nel quale troviamo un tempietto Mitriaco della fine del II secolo. Attraverso pesanti sbarre di ferro, vediamo l'androne riservato al culto di Mitra, con al centro l’altare raffigurante Mitra mentre uccide il toro, e le panche laterali, riservate all’agape (banchetto cerimoniale).
Durante tutto il percorso si sente, sottofondo, il rumore dell’acqua, e qui giunti, questo si fa più forte: attraversando quello che una volta era un vicolo all'aperto si giunge ad altri ambienti romani, in uno dei quali è visibile un corso d'acqua, canalizzato durante i lavori di recupero degli ambienti, nei quali si era formato un vero e proprio lago a causa della presenza del ruscello e della forte umidità.
Anche la Basilica di San Clemente ha il suo sito ufficiale dove poter apprendere ulteriori e più approfondite notizie. Continuando su via di S.Giovanni in Laterano, direzione Colosseo, mi dirigo verso un altro dei più importanti siti di questo rione: La Domus Aurea. Ma prima di attraversare la strada per entrare nel Parco Oppio, mi fermo a guardare le rovine poste qualche metro più in basso rispetto al piano stradale, a cui nessuno sembra dare molta importanza: è il Ludus Magnus, cioè la “Palestra Grande”, una delle quattro palestre per gladiatori, fatte costruire da Domiziano, strettamente connesse ed al servizio del Colosseo.
Forse luogo di allenamento prima dei combattimenti, essendo collegato all'ingresso orientale del Colosseo tramite una galleria sotterranea. Al centro vi era un'arena, realizzata simile a quella del l'Anfiteatro Flavio, della quale si vede ancora una parte della curvatura. Intorno alla cavea era situato un portico a due ordini di colonne sul quale affacciavano gli alloggi dei gladiatori. Resto per un po’ affacciata ad osservare il sito, ancora in gran parte rimasto sotto l’isolato tra questa via e via dei SS. Quattro, e, come sempre faccio quando mi trovo davanti a delle "rovine", cerco di immaginarle come dovevano essere nella realtà. Immagino lo stato d’animo dei gladiatori, che qui si allenavano e si “riscaldavano” prima di affrontare il combattimento vero e proprio. Guardo quei resti di celle (ne sono rimaste ben 14), che erano i loro alloggi e con molta fantasia, immagino il via vai, la tensione, il vociare della folla, che, incitante ed eccitata, dal vicino Colosseo, aspetta di assistere ad uno dei suoi spettacoli preferiti.  All'improvviso però, ecco che il modernissimo rumore di un clacson nei confronti di un turista distratto, intento ad attraversare con il rosso, bruscamente mi riporta alla realtà. Mi avvio anche io al semaforo e attraverso la strada, imboccando l’entrata al Colle Oppio. Poco dopo sulla sinistra c’è l’entrata per la Domus Aurea.
Era la stravagante e lussuosissima villa urbana che Nerone fece costruire dopo l’incendio del 64 d.C., che si estendeva tra il Palatino, l'Esquilino e il Celio. Era costituita da una serie di padiglioni separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, situato nella valle dove oggi sorge il Colosseo. Aveva soffitti con pietre semipreziose e ornamenti in avorio, e la maggior parte delle pareti era ricoperta di affreschi, le cosiddette "grottesche", che tanto affascinarono gli artisti del Cinquecento (Raffaello in primis).
L’enorme complesso comprendeva, tra l’altro, bagni con acqua normale e sulfurea, innumerevoli sale per banchetti, tra cui la famosa “coenatio rotunda”, che ruotava su se stessa, e un enorme vestibolo che ospitava la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del Dio Sole.
I padiglioni che oggi possiamo visitare sono quelli sul Colle Oppio, che dopo la morte di Nerone furono sepolti e “coperti” dalle grandi terme di Traiano, rimanendo sconosciuti sino al Rinascimento. La visita comprende anche una parte virtuale, tramite la quale, indossando degli speciali visori, sarete proiettati nella Domus Aurea così come doveva apparire al tempo di Nerone! L'esperienza è unica! Uscendo, continuiamo sul viale, per poi girare a sinistra in Via Fortunato Mizzi, che ci porterà all'uscita del parco, in via delle Terme di Traiano, proprio davanti ad un cancello attraverso il quale possiamo intravedere le cisterne dove veniva immagazzinata l'acqua necessaria al funzionamento delle Terme, le cosiddette Sette Sale.
Sono visitabili solo su prenotazione tramite associazione e per ora ci accontentiamo di guardarle da fuori. La costruzione è disposta su due livelli, ciascuno formato da nove ambienti (chissà perchè continuano a chiamarle Sette sale, quando in realtà sono nove) larghi oltre cinque metri e di lunghezza variabile da 30 a 40 metri. A questo punto continuiamo su via delle Terme di Traiano verso via Carlo Botta e arriviamo su via Merulana, svoltiamo a destra e ci ritroveremo dopo una breve camminata, di nuovo davanti all'obelisco di Piazza San Giovanni, dove termina questo secondo itinerario.







You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI