L'arco degli Argentari e il suo misterioso tesoro

aprile 05, 2020


Una misteriosa storia che si tramanda da secoli lega l’arco degli Argentari a un ricchissimo tesoro che si troverebbe nascosto al suo interno o nel terreno sottostante. Gli indizi per una gustosa caccia al tesoro ci sono tutti, basta recarsi presso la chiesa di San Giorgio al Velabro per fare la conoscenza del bellissimo arco adagiato sul fianco sinistro della chiesa. È una struttura molto elegante e ben conservata che risale al 204 d. C. Come recita l’iscrizione, l’arco fu costruito dall’associazione degli argentari, ovvero i banchieri, e dei cambiavalute in collaborazione con quella dei macellai e dei mercanti di buoi, in onore dell’imperatore Settimio Severo e della sua famiglia. Proprio osservando bene l’iscrizione troviamo il primo indizio di stranezza: i segni di alcune cancellature. In quelle cancellature è scritta la triste storia della famiglia di Settimio Severo: la sanguinosa rivalità tra i suoi figli Caracalla e Geta. L’imperatore li aveva scelti per guidare “in tandem” l’impero, ma Caracalla non era d’accordo con la decisione paterna ed espresse il suo disappunto nel più violento dei modi, uccidendo il fratello minore tra le braccia della madre. Giulia Domna, straordinaria first lady e in seguito determinata co-imperatrice al fianco di Caracalla, fu una donna coltissima e forte, ma non abbastanza forte da riuscire a mettere pace tra i suoi figli. A Caracalla non bastò aver eleminato Geta dalla sua vita, cancellandolo dalla faccia della terra; con una pignola damnatio memoriae si impegnò a fondo in modo che il ricordo dell’odiato fratello fosse cancellato perfino dai monumenti, dai ritratti e dalle monete. A cominciare dall’arco degli Argentari dove la vendetta della “cancellatio memoriae” non ha colpito solo Geta, ma anche la moglie di Caracalla, Plautilla, e il suocero Plautiano, anche loro giustiziati per suo ordine. Complice il nome che rimanda al prezioso metallo, si è radicata una leggenda molto popolare nel medioevo che ha infervorato l’immaginazione di tanti cercatori di tesori. Nel Cinquecento, sotto il pontificato di Sisto IV, sarebbe giunto in città un misterioso personaggio con un libro antichissimo e altrettanto oscuro. Secondo il libro, alcuni indizi lo avrebbero condotto verso un tesoro ricchissimo: si trattava di una serpe e una cornucopia, che l’uomo cercava da anni senza successo in tutto il mondo fino a quando non arrivò all'arco degli Argentari, dove con grande sorpresa scovò un bassorilievo con entrambi i segni e una figura che con un dito indicava il terreno.


Si precipitò dal papa per ricevere l’autorizzazione a scavare, promettendo che qualsiasi tesoro avesse trovato sarebbe stato del popolo di Roma. Il pontefice interpellò i rappresentanti del popolo e concesse l’autorizzazione. Purtroppo per la gente di Roma, l’ambiguo forestiero aprì un varco dentro uno dei pilastri dell’arco, vi entrò ma scomparve per sempre. Alcuni sostengono che cadde nelle profondità della terra, altri credono che trovò il tesoro e grazie a un sortilegio sparì per sempre beffando il popolo e il papa. Passarono i secoli e la storia si tramandò di generazione in generazione. A fine Ottocento, la zona del Velabro fu sistemata e l’arco restaurato, eliminando le costruzioni che negli anni si erano addossate alla struttura. Tra la sorpresa di tutti, venne alla luce un’apertura murata sul pilastro sinistro e il bassorilievo con la serpe e la cornucopia. Quel varco chiuso da antichi mattoni è ancora lì, a conferma che le leggende hanno un fondo di verità e magari a proteggere ancora il favoloso tesoro degli Argentari.



(Claudio Colajacomo - Roma perduta e dimenticata)
(Giulia Fiore Coltellacci - I luoghi e le storie più strane di Roma)

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