Le Mura Aureliane: Porta Metronia
dicembre 29, 2020Da Porta San Giovanni, le Mura Aureliane proseguono costeggiando la basilica di San Giovanni in Laterano, il campo sportivo dell’A.S. Romulea in piazzale Ipponio e percorrendo al di sotto del piano stradale via della Ferratella in Laterano, si
rialzano verso la fine per arrivare a porta Metronia. La porta era una semplice posterula di
importanza secondaria, probabilmente anche perché non vi transitava nessuna
strada di particolare rilevanza e, caso unico, anziché essere fiancheggiata da
torri, era inclusa alla base di una torretta sporgente verso l'interno della
città.
Il fornice della porta si vede ancora bene da entrambi i lati, anche se quello
interno è molto più ribassato rispetto al piano stradale; non ci sono né stipiti,
né architravi, solo un arco in laterizio, murato dal 1112 per essere usato come
passaggio dell’Acqua Mariana, o “Marana” come dicono i romani. I quattro archi
laterali vengono invece aperti nel Novecento per migliorare la viabilità
cittadina.
L’origine del nome è incerta,
insomma, è un po’ la porta “figlia di nessuno”. Però anche lei ha una sua
curiosità: sull’unica torre interna si trova una lapide risalente al 1157 con
la sigla, che appare per la prima volta in epoca medievale, “SPQR”. La targa
ricorda i lavori di restauro eseguiti dal Popolo e dal Senato Romano, e recita
così: "Regione S. Angelo + Nell'anno 1157 dell'incarnazione di Nostro
Signore Gesù Cristo il Senato e il Popolo Romano queste mura crollate per la
vecchiaia restaurarono. Erano senatori Sasso, Giovanni di Alberico, Roieri
Buccacane, Pinzo, Filippo, Giovanni di Parenzo, Pietro Diotisalvi, Cencio di
Ansoino, Rainaldo Romano, Nicola Mannetto".
Questi erano i consiglieri che
costituivano l'esecutivo del Senato e che, in un momento in cui il Comune
voleva affermare con forza la sua indipendenza dal potere papale, fecero
apporre questa lapide a memoria del restauro, senza nemmeno citare il nome del
pontefice regnante, Adriano IV. Accanto a questa, una seconda lapide ricorda
sempre lavori di restauro, ma questa volta eseguiti nel 1579: “Al tempo di
Gregorio XIII Pontefice Maximo Cesare, Giovenale Mannetto, figlio di Latino III
Consigliere, questa torre un tempo andata in rovina e rinnovata da Nicola Mannetto
VII ex Senatore e dai suoi colleghi, le famiglie dei quali sono estinte,
nuovamente dopo 421 anni di nuovo rovinata restituì a proprie spese affinché il
pubblico monumento sussista per la patria, secondo le ultime volontà della
famiglia Mannetto nell’anno di grazia 1579”
(Sabrina Ramacci – 1001 cose da
vedere a Roma)
(Giulia Fiore Coltellacci – 365
giornate indimenticabili da vivere a Roma)
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