Luci rosse nell'Antica Roma

marzo 26, 2020


La prostituzione nell'antica Roma era legale e disciplinata da regole ben precise, che sancivano i principi per svolgere l’attività, designare i luoghi e gli accorgimenti igienici e di ordine pubblico. Le prostitute vendevano il loro corpo all'interno di piccole celle o ambienti di fortuna chiamati lupanari. Il nome deriverebbe dalla grotta in cui la lupa avvolse di cure e amore Romolo e Remo, oppure sarebbe l’indicazione filtrata tra i racconti leggendari, che la lupa allattatrice del fondatore di Roma, era in realtà una prostituta. Come nella moderna Amsterdam, Roma aveva i suoi distretti a luci rosse, spesso nei pressi di caserme o luoghi popolari. Il Celio era uno di questi, dove si trovano le caserme dei Vigili, un altro presso il Castro Pretorio, a poca distanza dagli accampamenti militari, ma anche nei dintorni del Circo Massimo e nel quartiere popolare di Roma, la Suburra. Il civico 15 di via delle Botteghe Oscure ospita la chiesa nazionale polacca di Roma, dedicata a Stanislao, il santo polacco. Fino alla fine del XVI secolo era conosciuta come San Salvatore in Pensili. 


Fin qui nulla di strano, poiché non è raro che chiese e basiliche cambino il nome del santo a cui sono dedicate. La stranezza va invece ricercata nell'appellativo in pensili che solo apparentemente è irrilevante. Potrebbe riferirsi alle buie baracche, utilizzate dalle prostitute per vendere la loro mercanzia nell'antica Roma. In questa zona, infatti, si trovano le rovine del circo Flaminio. All'interno, alcuni resti delle arcate di sostegno degli spalti, dai quali furono ricavati i cosiddetti pensili: botteghe e alloggi di fortuna, alcuni utilizzati da meretrici d’infimo rango. D'altronde lo stesso nome “botteghe oscure” ha attinenza con questi tuguri. Andare con le prostitute era socialmente accettato e spesso era un vero e proprio passaggio per i giovani romani, una prova di virilità, uno svezzamento sessuale. Per le classi più abbienti – comprese le famiglie nobili, imperatori e senatori – esistevano bordelli di alto rango, gestiti da una matrona di fiducia. Nonostante l’accettazione sociale di questa pratica, ci sono giunti racconti di imperatori sorpresi con parrucca e trucco per non farsi riconoscere durante qualche imbarazzante frequentazione. La storia ci ha tramandato in particolare le vicende di Messalina, moglie dell’imperatore Claudio, che era solita indossare i panni della meretrice e frequentare i bordelli popolari del Circo Massimo e della Suburra.

(Claudio Colajacono - I love Roma)
(Claudio Colajacono - Il giro di Roma in 501 luoghi)




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