La Colonna Traiana e i Mercati

aprile 14, 2020


Vedendola svettare così alta nel centro di Roma, pochi si soffermano a pensare cosa effettivamente la Colonna Traiana sia. Perché non è una semplice colonna celebrativa. In primo luogo, è un libro, o meglio un volumen (come si chiamavano i libri fatti a rotolo che si utilizzavano nell'antica Roma), un dettagliato reportage di guerra che racconta le due campagne daciche vinte brillantemente da Traiano all’'inizio del II secolo d.C. La colonna è però anche, e soprattutto, una tomba. Qui riposavano, infatti, le spoglie mortali dell’imperatore e di sua moglie Plotina. L’anima no, dal 590 d.C. infatti sappiamo – e Dante ce lo conferma nella Divina Commedia – che Traiano fu accolto, unico romano, in Paradiso grazie al battesimo impartitogli da papa Gregorio Magno, che per pochi istanti lo avrebbe risvegliato dal suo sonno eterno per somministrargli il sacramento.


Leggenda vuole che il papa fosse rimasto colpito da un rilievo che ne illustrava la benevolenza dimostrata nei confronti di una madre. L’episodio ricordato era il seguente: mentre si apprestava a partire per la guerra, l’imperatore fu fermato da una donna, che si gettò ai suoi piedi implorando giustizia per il figlio morto. Rassicurandola Traiano le avrebbe detto: “Lo farò, te lo prometto, ma appena tornerò dalla guerra”. “E se morirai in battaglia?”, chiese la donna, “Darò incarico al mio successore”, rispose lui benevolo. “Se anche lo facesse il tuo successore, non manterresti TU la promessa di occupartene”, controbattè la donna, convincendo con la sua insistenza l’imperatore ad agire. In realtà l’onore gli fu più probabilmente riconosciuto, in ambito cristiano, per la posizione da lui presa nei confronti dei delatori che accusavano i fedeli di Cristo alle autorità. Da una lettera inviata a Plinio il Giovane, allora governatore della Bitinia, che chiedeva indicazioni su come gestire la faccenda, sappiamo che Traiano gli intimò di non dar seguito alle accuse presentate in via anonima. Tanto bastò ad aprirgli le porte del Paradiso e a creare una favolosa aneddotica sul suo conto. Si racconta ad esempio che una moglie un po’ bisbetica, gli chiese udienza per denunciare il marito che la maltrattava. L’imperatore le rispose: “cosa vuoi che importi a ME delle vostre questioni private?”. La donna allora, per cercare di carpirne le simpatie, gli disse che il marito parlava assai spesso male di lui e Traiano, serafico, rispose: “E di questo cosa importa a TE?”. Al portiere del palazzo imperiale che si lamentava della troppa generosità del sovrano, pronto a dare ascolto a tutti, Traiano rispose: “Mi comporto solo come vorrei che il mio imperatore facesse con me”. Non furono però solo la sua pazienza e la sua disponibilità a farlo così amare. I Romani videro infatti in lui un valente e coraggioso generale, che fu in grado di portare l’impero alla sua massima espansione, che cercò – fermato solo dalla repentina morte – di coronare il sogno di Cesare di una definitiva vittoria contro i Parti. Per questo gli fu riconosciuto il privilegio di essere sepolto all'interno del pomerio. Che fosse amatissimo è testimoniato anche da altri due particolari, l’attributo di optimus princeps che gli fu conferito e la frase con cui, dopo di lui, vennero salutati i futuri imperatori: “Possa tu essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano!”. Ma forse altro motivo di tanto amore lo possiamo ricercare interpretando i disegni scolpiti nei plutei di Traiano, cioè quella specie di balaustre oggi posizionate all'interno della Curia Julia, ma provenienti senz'altro da altro monumento non ben individuato, anche se si suppone sia il Foro dell’imperatore stesso.

(Foto romanoimpero.com)

Sul primo pluteo a sinistra sono rappresentati alcuni cittadini intenti a consegnare all'imperatore dei grandi registri che vengono poi dati alle fiamme: si tratta di una pratica molto amata anche oggi… il condono dei debiti fiscali! Mentre nel secondo pluteo, quello a destra, si rappresenta l’istituzione degli alimenta, ovvero aiuti economici per bambini e famiglie romane bisognose, da cui deriva il termine odierno di “alimenti” dovuti in caso di separazione matrimoniale.

(foto romanoimpero.com)

Tornando alla colonna, essa è anche un “indice”. La sua altezza, infatti, come ricorda l’iscrizione posta ancora alla base, è pari a quella che aveva un tempo la Velia, la collina che fu parzialmente distrutta per recuperare lo spazio necessario a realizzare l’ultimo dei Fori Imperiali. Quanto Traiano arrivò al potere, primo imperatore non italico (veniva da Siviglia, che per ironia della sorte si chiamava Italica, quindi a ben vedere italico un po’ lo era), per consolidare con un pizzico di sana propaganda il suo potere diede il via a una serie di strabilianti opere architettoniche che cambiarono volto alla città.


Per realizzarle si servì di uno dei più grandi geni dell’architettura di tutti i tempi: Apollodoro di Damasco. Sono a lui attribuite opere come le Terme di Traiano sul colle Oppio, il grandioso porto esagonale di Fiumicino, il ponte sul Danubio – lungo ben 1135m – il foro e la basilica Ulpia e c’è chi ipotizza anche la decorazione della stessa colonna, che cautamente è attribuita al “Maestro delle imprese di Traiano”.

Terme di Traiano sul Colle Oppio
Certamente fu lui che creò lo spazio necessario a realizzare l’ultimo dei Fori Imperiali, quando ormai di spazio non ce n’era più e che ideò una diga scenografica e funzionale, quei cosiddetti Mercati di Traiano, che oggi ospitano il Museo dei Fori Imperiali. La straordinaria mole di lavoro è testimoniata proprio dalla colonna, con i suoi 100 piedi di altezza (29,78m che arrivano a quasi 40 con la base, a cui andrebbe poi aggiunta l’altezza, per noi ignota, della statua posta un tempo sulla sua sommità, che oggi raffigura san Pietro e che un tempo effigiava Traiano, come mostrano le monete dell’epoca). Il rilievo presente su di essa, che rappresenta le due campagne militari compiute in Dacia è lungo ca. 200 m ed è probabilmente la trascrizione su pietra dei Commentarii (i diari di guerra) scritti dallo stesso imperatore.


Il buono stato di conservazione della struttura si deve proprio all'immediato riconoscimento del suo valore artistico, oltre che, al solito, alla sua “cristianizzazione”. In epoca medievale una chiesetta venne appoggiata alla colonna che ne divenne campanile, in quanto un custode aveva posto sulla sua sommità una piccola campana, che veniva suonata dal basso con una lunga corda. La chiesa, chiamata San Nicolai de Columna o in Macello Corvorum, dalle vicine vie e piazza Macel de’ Corvi, era filiale della basilica dei Ss. Apostoli e venne fatta demolire dal pontefice Paolo III nel 1536. Inoltre, già nel 1162 il Senato cittadino ne decretò, primo caso in cui ciò accadde, la tutela e l’inalienabilità. Nel Cinquecento fu Sisto V a ripristinare la statua bronzea sulla sommità: non più Traiano, ma è San Pietro ora a dominare sulla città.


Veniamo ora all'altra geniale trovata di Apollodoro, ovvero i Mercati di Traiano. Come già ricordato, essi sono strutturalmente una diga posta contro le pendici del Quirinale. Funzionalmente si è a lungo pensato si trattasse di un’area adibita a mercato, data la presenza al loro interno di numerose tabernae. Oggi si ritiene invece che le varie parti della struttura avessero funzioni diverse, legate in vario modo al sottostante Foro che, comunque, a causa dell’altro muro di cinta, non era visibile.


Si pensa quindi che la Grande Aula che accoglie i visitatori del museo fosse la sede del procurator fori Traiani (di uno di essi un’iscrizione ci ha anche restituito il nome: Orazio Rogato), dunque sede di uffici amministrativi.


Il Grande Emiciclo avrebbe ospitato forse la tesoreria dei senatori e nella parte posta a livello del foro si sarebbero svolte invece attività culturali. Insomma, una struttura versatile, multifunzionale.


Se la visiterete, magari in occasione di una delle tante esposizioni ospitate al suo interno, non perdetevi la suggestiva passeggiata sulla via Biberatica; vi sembrerà di tornare indietro di duemila anni, anche i rumori della vicina via IV Novembre qui sembrano lontanissimi. Attenzione però, non è una strada urbana, ma di servizio; era infatti inaccessibile ai carri, come tra l’altro dimostra l’assenza dei caratteristici “binari” presente sovente sui basoli.


Secondo alcuni le tabernae che qui affacciavano avevano la funzione di showroom. Gustatevi poi la “torre pendente” romana, ovvero la Torre delle Milizie. Risalente al XIII secolo, alta ca. 50 m fu presto acquisita da Bonifacio VIII, che ne fece un fortilizio. Nel secolo successivo fu danneggiata da un violento terremoto che costrinse all'abbattimento dell’ultimo piano e che inclinò leggermente la struttura.


All'ombra della torre potrete anche ristorarvi nel bel giardinetto allestito alla base. Non perdetevi, infine, il nuovo interessante allestimento dedicato alle anfore da trasporto studiate e classificate da Heinrich Dressel, ospitato all'interno della cisterna seicentesca realizzata per il convento di Santa Caterina (che occupò gli ambienti dei Mercati a partire dalla metà del Cinquecento).


All'interno della suggestiva sala sono ora esposti 128 esemplari di anfore da trasporto romane, molte delle quali conservano ancora bolli, graffiti e iscrizioni dipinte, fondamentali per ricostruire la storia dei commerci e le rotte delle navi nel Mediterraneo.


Insomma, struttura multifunzionale, quella dei Mercati, ieri come oggi!

(Flavia Calisti - Alla scoperta dei segreti perduti di Roma)

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