La Villa dei Gordiani

gennaio 20, 2021


Al terzo miglio della via Prenestina, troviamo su ambo i lati della strada, i resti della cosiddetta Villa dei Gordiani, divisa a metà proprio dal passaggio della strada consolare. All’interno del parco pubblico, oggi molto utilizzato dai romani che abitano in questa zona, si trovano diversi reperti archeologici di quella che era una grandissima villa patrizia, edificata nel corso del III secolo d.C. Sappiamo da fonti antiche, come “La Vita dei tre Gordiani”, nella “Historia Augusta”, che in questa zona vi era la residenza suburbana di una famiglia patrizia, la quale, nel III secolo, diede all'Urbe ben tre imperatori.


La descrizione ci aiuta a immaginare quale fosse la sua magnificenza, con terme fra le più belle di quelle che esistevano a Roma, un porticato tetrastilo con duecento colonne realizzate in varie parti del mondo (Grecia, Egitto, Africa) in marmi pregiatissimi e diversi fra loro: cipollino, porfido, pavonazzetto e giallo antico e grandiosi saloni lunghi cento piedi ciascuno. Sembrerebbe, quindi, la residenza di una grandissima dinastia di imperatori, eppure, nonostante fossero tre gli imperatori che si succedettero, il loro impero durò complessivamente appena sei anni. Il primo ad essere eletto imperatore, obtorto collo, nel marzo del 238 d.C., fu Gordiano I, che apparteneva a una famiglia di equites dell’aristocrazia romana, il quale, avendo già ottant’anni al momento dell’elezione, si fece associare dal figlio Gordiano II.


Il regno durò una ventina di giorni. Durante la battaglia di Cartagine, nei primi giorni di aprile del 238, Gordiano II, sconfitto, morì tragicamente durante la battaglia e il padre appena appresa la notizia si suicidò, impiccandosi con una cinta. Ereditò il trono Gordiano III, giovanissimo nipote di Gordiano II, figlio di sua sorella, che aveva solo tredici anni e regnò sei anni. Anche la sua fine non fu tra le più fortunate: il re sasanide Sapore I si vantò di averlo ucciso nel 244, nella battaglia di Mesiche (odierna Falluja), mentre fonti romane sostengono che probabilmente fu ucciso, a seguito di una congiura ordita da Marco Giulio Filippo, detto “Filippo l’Arabo”, prefetto del pretorio, che gli succedette. Un’epopea, dunque, quella dei Gordiani che fu come una specie di meteora nella lunga storia di Roma, eppure destinata a lasciare tracce archeologiche rilevanti.


In realtà non siamo certi che siano proprio questi i resti della celebre villa imperiale, che sappiamo solo ubicata sulla via Prenestina. Di certo sappiamo però che i Gordiani, al di là della loro ricchezza, ebbero ben poca fortuna. Purtroppo, la quasi totalità di questa villa giace ancora interrata, a fini conservativi, e in attesa di un, molto improbabile, scavo più adeguato che la riporti alla luce. Passeggiando, non resta che ammirare il Mausoleo con la sua caratteristica pianta rotonda che ricorda il Pantheon, in opera laterizia: da notare le nicchie dove i primi cristiani erano deposti.


Come la maggior parte dei mausolei era a due piani, uno semi-ipogeo, con il corridoio anulare volto a ospitare le sepolture, e uno soprastante per lo svolgimento dei riti annuali, costituito da un’ampia camera illuminata da finestre circolari. Il pronao monumentale che dava accesso alla tomba è purtroppo andato perduto senza lasciare di sé alcuna traccia.


Accanto alla struttura si può ammirare una basilica paleocristiana a destinazione funeraria, come documentano le numerose sepolture e la piccola catacomba (distrutta per realizzare via Rovigo) rinvenute nei pressi. Tra i resti visibili in superficie si segnalano alcune cisterne e un colombario. Vi è poi una grande aula ottagonale, probabilmente un ninfeo, la cui cupola era alleggerita, come spesso nel III secolo d.C., mediante l’uso di anfore e di orci. Nel Medioevo vi fu innalzata una torre d’avvistamento, sostenuta da un pilastro cilindrico ancora visibile.


Era questa, secondo alcuni, la vera Tor de’ Schiavi, dal nome della famiglia di Vincenzo Rossi dello Schiavo, che nel 1571 ne divenne proprietaria, toponimo che poi passò al mausoleo, che resta comunque la maggior attrattiva del parco, anche perché in gran parte intatto.


Insomma, sembrano ruderi, ma sono frammenti di Storia, tracce di vita passate. Se impareremo ad averne la necessaria cura scopriremo quanto ancora hanno da dirci.



(Fabrizio Falconi – Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma)
(Flavia Callisti - Alla scoperta dei segreti perduti)
(Sabrina Ramacci – 1001 cose da vedere a Roma)

foto: Carlo Pezzi 




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