Le fontanelle rionali
novembre 29, 2021Tra il 1925 e il 1929, l’architetto
Pietro Lombardi realizzò una serie di dieci fontanelle per il Comune di Roma,
che richiamavano, per le loro caratteristiche, la particolarità del rione nel
quale erano inserite. Andando per ordine di numerazione, inizierò con
il descrivere la fontanella relativa al primo dei rioni: Monti. I tre
monti rappresentati sulla fontana, erano
Esquilino, Viminale e Celio. In seguito, il Celio e l’Esquilino (dove
effettivamente è posizionata la fontana) sono diventati rioni autonomi. Il gruppo
decorato con stelle ad otto punte, poggia su un basamento circolare, versa l’acqua
in tre vaschette semicircolari e si trova in via di San Vito, pochi passi prima
dello spettacolare Arco di Gallieno, in un angolo di Roma tutto da scoprire.
Per il rione numero IV, Campo
Marzio, dobbiamo andare in via Margutta per trovare la cosiddetta “fontana
degli Artisti”.
La via, infatti, è stata per molto tempo, e lo è ancora, luogo di
studi e residenze di pittori, scultori e fotografi, che l’avevano scelta come
loro sede già dal 1612, quando, come primo artista, vi si istallò il pittore
Orazio Gentileschi.
La fontana è costituita da simboli tipici dell’artista: cavalletti,
maschere, compassi, sgabelli e, in alto, un recipiente con pennelli e martelli
da scultore. L’acqua fuoriesce dai mascheroni e si raccoglie in una vasca
sollevata dal piano stradale.
Passiamo ora al rione VIII, Sant’Eustachio,
e la fontana in questione è quella “dei Libri”, sita in via degli Staderari. Il
simbolo del rione lo troviamo proprio al centro della fontana, la caratteristica
testa di cervo, a ricordo della leggenda, secondo la quale, un generale romano
ebbe la visione di un cervo, con una croce luminosa fra le corna, che ne
determinò la conversione al cristianesimo e l’assunzione del nome Eustachio.
Ai
due lati della testa, libri antichi, poggiati su mensole, che fanno riferimento
alla presenza, nelle immediate vicinanze, dell’antica sede dell’Università La
Sapienza.
Una curiosità: il numero del rione inciso sulla fontana è sbagliato,
indicato come IV, in realtà, sant’Eustachio è l’VIII. In zona Piazza Venezia, rione IX,
il riferimento della fontanella è inequivocabile, visto che è rappresentato proprio
il simbolo che dà nome al rione stesso: Pigna.
In travertino, un semplice stelo,
dal quale, su due corone di foglie stilizzate, si eleva una pigna, che riproduce
quella monumentale oggi nel cortile dei Musei Vaticani.
La fontana si trova di
fronte al Vittoriano, nella piazzetta di San Marco, con la basilica omonima e
il suo giardinetto antistante a farle da sfondo. Ci spostiamo ora sul Lungotevere,
nei pressi di Ponte Sublicio, rione Ripa, dove addossata al muro del San
Michele, (in realtà appartenente al rione Trastevere) troviamo la “fontana del
Timone”.
Il luogo è stato scelto per ricordare il punto in cui si trovava l’antico
porto di Roma: Porto di Ripa Grande, andato poi distrutto, alla fine dell’Ottocento,
per la costruzione dei muraglioni di contenimento del Tevere.
foto Claudio Lugi |
Da qui, con una breve passeggiata,
ci inoltriamo nel cuore del XIII rione: Trastevere, zona di locali ed osterie. Per
questo, probabilmente, il nostro architetto ha pensato ad una fontanella che
riproducesse gli attrezzi atti alla mescita del vino: una botte, un tino e le
misure da un litro. Si trova in via della Cisterna, nel cuore del rione.
Anch’essa
in travertino, con l’acqua che fuoriesce da un “caratello”, una piccola botte
allungata, utilizzato per trasportare il vino dei Castelli e si riversa in un
tino, recipiente dove, invece, veniva conservato il mosto. Ai lati della
piccola botte, sono posti due tipici contenitori da un litro, chiamati nelle
osterie “tubo”, anche questi con due piccole cannelle, che versano acqua in due
piccole vaschette sottostanti.
Il XIV rione, Borgo ha, invece, l’onore
di avere ben due fontanelle dedicate: una che fa esplicitamente riferimento alla
Basilica di San Pietro (a quel tempo non ancora Stato Indipendente) e, l’altra,
chiaro simbolo di Castel sant’Angelo. I due monumenti, infatti, hanno sempre
rappresentato i due aspetti del potere papale: quello spirituale e quello
temporale/difensivo. La fontanella legata a San Pietro, che troviamo tra il
colonnato della Basilica e il Passetto di Borgo, accanto a Porta Angelica, è la
cosiddetta “fontana delle Tiare”.
Ha un basamento a forma di trifoglio, sul
quale poggiano tre tiare papali, lavorate a rilievo, sormontate da una quarta,
quasi a formare una piramide, e tre coppie di chiavi di San Pietro, dalle quali
sgorga l’acqua, che si raccoglie in tre vaschette a forma di conchiglia.
La fontana legata, invece, a
Castel Sant’Angelo è quella “delle palle di cannone”, proprio come quelle che
si sparavano dal Castello. Un arco di travertino a tutto sesto incornicia la
fontana, costituita da un mascherone, circondato da una piramide di palle di cannone.
Dal centro del mascherone fuoriesce l’acqua, che si getta nella sottostante
vasca, con funzione di abbeveratoio per i cavalli. All’interno dell’arco, altre due palle di
cannone, ognuna delle quali ha una piccola cannella e due vaschette sottostanti
per la raccolta.
In origine la fontana si trovava in un’altra posizione, dalla quale
fu spostata a seguito dei lavori di demolizione della Spina di Borgo. Ultima, ma in realtà la prima ad
essere edificata, è la Fontana delle Anfore, a Testaccio, rione XX, costruita
qualche anno prima delle fontanelle appena descritte, forse proprio quella che
ha lanciato l’idea per la loro realizzazione. Più grande delle altre, riproduce
il recipiente utilizzato nell’antica Roma per il trasporto dell’olio: l’anfora,
considerata il simbolo di Testaccio, tanto che lo stesso nome deriva proprio da
“testae”, ossia “cocci”.
I cocci erano i frammenti delle anfore che,
sistematicamente, venivano accumulate, man mano che se ne rompeva una, in
quello che era una vera e propria discarica dell’epoca: il Monte dei Cocci.
La fontana,
in travertino, è costituita da un insieme di anfore sovrapposte al centro, dal
quale partono quattro bracci longitudinali, con le vasche ornate da stemmi
comunali e teste di ariete. Nella parte frontale esterna di ciascuna vasca,
ancora un bassorilievo raffigurante un’anfora, dalla cui pancia fuoriesce il
getto d’acqua. Nel 1935 venne spostata dalla sua sede originaria, piazza
Testaccio, per tornarvi, 80 anni dopo, nel 2015 a seguito dei lavori di riqualificazione
della piazza.
Le fontanelle rionali, come
abbiamo detto, erano dieci. Una, quella di San Lorenzo, andò definitivamente
perduta nel bombardamento del quartiere durante la Seconda guerra mondiale. Un’altra
fontanella, però, sempre realizzata da Pietro Lombardi, ha una curiosa storia e
vorrei finire il racconto proprio con lei. Era anch’essa nel rione Borgo, accanto
alla famosa fontana di Scossacavalli, e serviva, probabilmente, come abbeveratoio
per i cavalli.
foto Roma sparita |
Con la demolizione della spina di Borgo, le due fontane vengono
rimosse e lasciate in deposito nei magazzini comunali per anni. Quando la più
grande, e importante, delle due venne rimontata di fronte alla chiesa di Sant’Andrea
della Valle, venne dato molto risalto all’evento, cosa che, invece, non avvenne
quando la piccola venne sistemata lungo la via Cassia, all’altezza di Tomba di
Nerone, a decorare un piccolo slargo davanti ad una lapide che ricorda i caduti
in guerra della zona.
Fu creduta, così, dispersa per tantissimo tempo, fin
quando, del tutto casualmente, il figlio di Pietro Lombardi, passandoci
davanti, riconobbe la fontana e scrivendo un articolo, diede notizia del suo
ritrovamento. È composta da una vasca semicircolare con tre pilastrini
agli angoli, da cui sgorga l’acqua, quello centrale scolpito con una stella ad
otto punte, quelli laterali con una testa di leone.
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