I Sette finti colli

marzo 16, 2020

I sette colli "ufficiali" di Roma
Che Roma sia la città dei sette colli lo sanno tutti, ma che sia anche la città dei sette finti colli, sorti cioè ex novo, è meno noto. Non parliamo, d’altra parte, di grossi rilievi, facilmente individuabili, ma piuttosto di lievi alture, in molti casi semplici montarozzi, venutisi a creare per lo più dalle rovine accatastate e abbandonate dei fastosi edifici dell’Impero Romano. È accaduto nel corso dei secoli con tanto di acqua, vento e fango che hanno sgretolato e amalgamato quelle antiche mura diroccate, dando loro l’aspetto di colline naturali. Per esempio, Monte de’ Cenci, dietro piazza delle Cinque Scole, altro non è che una collinetta artificiale costituitasi con le macerie del teatro di Balbo e di altri edifici antichi. 

Via Monte de' Cenci
Non parve vero alla potente famiglia romana dei Cenci approfittare del luogo eminente per installarvi sopra la propria roccaforte e per erigervi, poi, il bel palazzone di famiglia che ha dato il toponimo al luogo. Pure Monte Savello è un piccolo colle fasullo formatosi sulla cavea del teatro di Marcello dove i nobili Savelli vi costruirono una magnifica residenza affidando i lavori niente di meno che a Baldassarre Peruzzi. Nel Medioevo era già detto “mons Fabiorum” dal fortilizio eretto dai Fabi.

Monte Savello
Che Montecitorio fosse anch’esso un colle posticcio lo si capì durante gli scavi del 1907 per la costruzione della nuova aula del palazzo del Parlamento. Allora si rinvennero molti materiali di risulta e resti di palafitte dalle quali fu chiaro “essere stato quel luogo depresso e paludoso e perciò rialzato per fondare gli edifici che sorsero in quella parte di Campo Marzio”. C’è pertanto qualcuno che ritiene che il termine citorio possa derivare da acceptioro, ovvero “raccolto”, proprio in riferimento alla terra di riporto.

Montecitorio
Meno chiaro il discorso sull'origine di Monte Giordano, dove svetta l’imponente Palazzo Taverna: per alcuni si sarebbe formato dalle rovine susseguite alle distruzioni di Roberto il Guiscardo, ma scavi archeologici veri e propri, che si sappia, non sono mai stati effettuati. Di certo il toponimo è riconducibile a Giordano Orsini, che nel Quattrocento trasformò un vecchio complesso fortificato nella sontuosa dimora principesca che vediamo ancora oggi.

Monte Giordano
Nel novero dei sette colli artificiali figurano, poi, il Secco e di Augusto (o il Della Farina e d’Oro, a seconda delle fonti) e, per finire, il Testaccio, senz'altro il più grande e il più famoso. È l’unico presente già in età romana e, soprattutto, di origine nient’affatto casuale, vuoi per incuria o per abbandono. È, infatti, il risultato di un preciso lavoro di accumulo dei cocci – ossia le testae – dei frammenti delle anfore contenenti i prodotti che sbarcavano nel vicino porto fluviale. In poche parole, si trattava di una discarica, un mondezzaio.


Questo luogo, tanto bistrattato dalla Roma imperiale, fu invece molto amato da quella papale e a seguire. Rappresentò, infatti, dopo il Medioevo, una meta prediletta dai cittadini per i giochi legati al carnevale, per le vendemmie e le cerimonie religiose. A partire dal XVI secolo vennero costruite le cantine dove la popolazione si ritrovava durante le famose ottobrate romane e, a conferma della considerazione raggiunta, il 9 dicembre 1921, all'appena nato XX rione di Roma, venne dato il glorioso nome di Testaccio.

(Gabriella Serio - Curiosità e segreti di Roma)

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