Piazza Navona (Stadio di Domiziano)

luglio 21, 2020


Agones, N’agone, Navone, Navona. Per arrivare alla denominazione attuale di Piazza Navona ci sono voluti diversi secoli e una serie di “corruzioni” della parola latina agones, usata in origine per definire le “gare” che qui avevano luogo. Giochi toponomastici a parte, il ricordo di queste antiche attività è, a dire il vero, molto più immediato e sotto gli occhi di tutti, perché sopravvive nella conformazione stessa della piazza.


Forma e dimensioni ricalcano, infatti, esattamente quelle dello stadio di Domiziano, costruito dall'imperatore per ospitare i giochi in onore di Giove Capitolino: i palazzi moderni sorgono sullo spazio un tempo occupato dalle gradinate della cavea, mentre la piazza vera e propria è, di fatto, l’arena dello stadio. Per verificare, basta andare a Piazza di Tor Sanguigna dove, affacciandosi da un parapetto, si può vedere ciò che resta di uno dei maestosi ingressi dell’edificio, la cui prima pietra venne posta nell'86 d.C.


Scendendo nel sotterraneo, aperto al pubblico in giorni prestabiliti, è visibile un settore in parte ancora integro della cavea con le gradinate e gli spalti.


Un modellino dello stadio riproduce quello che si poteva vedere al posto della piazza ai tempi di Domiziano. Ideati da quest’ultimo, i giochi agonali si svolgevano ogni quattro anni e prevedevano grandi competizioni atletiche, alle quali si alternavano dispute culturali con spettacoli musicali, audizioni e gare poetiche, che si svolgevano nel vicino Odeon, una specie di teatro anch'esso sopravvissuto nella struttura urbanistica moderno. Si trova nascosto nelle forme di Palazzo Massimo alle Colonne su Corso Vittorio Emanuele, il capolavoro di Baldassarre Peruzzi con la singolare facciata curvilinea fondata sulla cavea dell’edificio.


Come si può facilmente intuire dalla forma di piazza Navona, il Circus Agonalis, questo il nome in età romana, aveva una planimetria a U con i lati lunghi paralleli che misuravano 275 metri. Studiando la lunghezza e le dimensioni dei gradini superstiti, si è stimato che potesse accogliere circa trentamila spettatori. Ma chissà se ci fu mai il tutto esaurito, visto che è noto lo scarso interesse del popolo verso questo tipo di giochi, molto apprezzati, invece, da Domiziano. In effetti, se confrontati con le rappresentazioni che si svolgevano nel Colosseo, avevano tutt'altra spettacolarità: al posto di sanguinose lotte e cacce ad animali esotici, si assisteva a leggiadri esercizi di ginnastica, corse e gare di eloquenza sul modello degli agoni greci.


C’era poi un particolare aspetto della manifestazione che non andava proprio giù ai romani, perlomeno agli uomini. Consisteva nel fatto che gli atleti gareggiassero completamente nudi, cosa che impediva alle donne di assistere. Già Cicerone riportava che “lo scandalo inizia con lo spogliare il proprio corpo di fronte ai concittadini”. Tacito, al tempo di Domiziano, lo rinnovava scrivendo: “Che cosa mancava ancora se non mostrarsi nudi, prendere il cesto dei pugili e pensare a quei combattimenti invece che al servizio militare”. In ogni caso, i giochi continuarono ad essere celebrati a lungo e lo stadio rimase attivo fino al IV secolo d.C. 


Per un certo periodo ospitò persino quelle lotte gladiatorie tanto amate dalla popolazione dopo che il Colosseo restò gravemente danneggiato dall'incendio del 217 d.C. La sua decadenza cominciò in epoca medievale. Nei fornici, inizialmente utilizzati dalle prostitute per esercitare la loro professione (da cui il termine “fornicare”) vennero poi ricavati stalle e magazzini mentre nell'arena trovarono posto orti e abitazioni rustiche. Tra i cimeli dell’antico stadio oggi ne resta uno particolarmente caro ai romani. È il celebre “Pasquino”, la più importante delle statue parlanti della città.


Passato il periodo delle gare e trasformato lo stadio in una piazza, nel Quattrocento la zona centrale si trasformò in luogo di mercato. Vi furono, infatti, trasferiti i banchi che vendevano nella piazza del Campidoglio e piazza Navona divenne un centro di vendita di carne, ortaggi e merci varie. I posti dove si poteva commerciare erano assegnati rigorosamente e la piazza era divisa in due metà: in una si trovavano i banchi dei mercanti cristiani, nell'altra quelli degli ebrei. Nel Cinquecento, fu anche attrezzata con tre fontane. La centrale, che poi sarà modificata dal Bernini nella bellissima Fontana dei Fiumi, era al tempo un semplice abbeveratoio per gli animali da trasporto che confluivano lì a causa del mercato e venne poi trasferita a Villa Borghese.


Ma la piazza era destinata a diventare di più che un luogo dove si svolgeva il mercato. Il suo totale cambiamento avvenne quando la nobile famiglia dei Pamphilj stabilì qui la sua residenza. Papa Innocenzo X Pamphilj decise di cambiare l’immagine di piazza Navona, scegliendola come luogo per il proprio palazzo.


Innanzitutto, dunque, bandì il mercato, emettendo un editto che, pena la prigione, intimava a fruttivendoli, librai, rigattieri e altri venditori, di abbandonare la piazza. Il mercato si spostò così a Campo de Fiori. Fece poi edificare la Fontana dei Fiumi e ricostruì la già esistente chiesa di Sant'Agnese in agone, facendola diventare cappella di palazzo Pamphilj.


Negli anni la piazza assunse sempre più un carattere elitario, ma rimase comunque anche un luogo di divertimenti e, in particolare con i Pamphilj, si dette inizio alla tradizione del lago estivo. Nei mesi caldi dell’estate, durante le giornate del sabato e della domenica, si chiudevano gli scarichi delle fontane e la piazza veniva allagata a formare un lago temporaneo per il piacere dei romani. Sembra che l'idea di creare questo bacino sia stata di donna Olimpia, la famosa “Pimpaccia” di cui vi ho già parlato. Inizialmente la festa aveva carattere aristocratico, riservata solo ai nobili di rango elevato, in seguito i Pamphilj accettarono che partecipasse al divertimento anche chi non faceva parte dell’aristocrazia e così finì per diventare una festa popolare, con tanto di banda che suonava e cocomerai che vendevano.


L’usanza andò avanti, tranne una breve interruzione, fino al 1866 e non fu più ripresa, anche perché nel 1870 venne rifatto il selciato della piazza, che da concava divenne leggermente a “schiena d’asino”, non permettendo più l’allagamento.


(Gabriella Serio – I tesori nascosti di Roma)
(M. Silvia Di Battista – Roma: guida alle curiosità. Piazza Navona e dintorni)

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