Le Mura Aureliane: Porta Flaminia

dicembre 15, 2020


 “Che l’ingresso sia felice e fausto”. Io non posso fare a meno di essere felice ogniqualvolta attraverso questa porta: l’effetto scenografico è sorprendente e fra tutti gli accessi delle Mura Aureliane, è senz’altro quello che suscita l’emozione di un ingresso trionfale a Roma. Si entra nella piazza del Popolo, da dove si dirama il Tridente, ossia via del Babuino, via del Corso e via di Ripetta.



Dopo aver raccontato un po' di storia delle Mura, nell'articolo precedente, parliamo ora delle principali porte di accesso alla città. Comincio da qui perché questa porta è esemplare per capire come la storia di Roma sia passata anche per le sue mura e le sue porte. Ai tempi dell’impero la porta era chiamata Flaminia perché qui giungeva la via Flaminia, una delle maggiori vie consolari che collegava la città con il Nord. Da qui sono passati tutti: pellegrini, viaggiatori, invasori, imperatori e regine. Nel Medioevo la via, che proseguiva all’interno delle mura, fu allargata in una piazza, chiamata “del Popolo” e la porta modificò il suo nome di conseguenza. Non è chiaro se il nome latino “Popolus” stesse per “popolo” o per “pioppo”, per via del boschetto di pioppi che ornava il mausoleo di Augusto e che all’epoca si propagava fino alla piazza. Per tutto il Medioevo porta del Popolo mantenne l’aspetto che aveva in epoca romana: un fornice in laterizio fiancheggiato da due torrioni semicircolari. A partire dal Cinquecento, quando i papi diedero il via alla Renovatio Urbis, anche la porta fu sottoposta a un restyling per essere trasformata in un monumentale ingresso, degno della nuova Roma che risorgeva dalle ceneri, sotto il segno dell’autorità pontificia. L’imponente aspetto che caratterizza la rinascimentale Porta del Popolo, nella sua parte esterna, è opera di Nanni di Baccio Biagio.


L’allievo di Michelangelo, incaricato dal grande artista, ormai troppo in là con gli anni, di portare a termine il lavoro commissionatogli da Pio IV, si ispirò al trionfale Arco di Tito. La facciata è arricchita con quattro colonne doriche, poste in origine nell’antica Basilica di San Pietro, mentre il fornice centrale è decorato da una lapide e dallo stemma papale sorretto da cornucopie e sovrastato da una merlatura corazzata; le sculture di san Pietro e San Paolo, realizzate nel 1638 da Francesco Mochi, completano la facciata. Un altro grande artista, Gian Lorenzo Bernini, è incaricato di restaurare invece la facciata interna. Grazie al suo estro scenografico e combinando monumentalità e vivacità, Bernini conferì alla porta l’aspetto di una quinta teatrale.


A commissionare il rifacimento della porta fu Alessandro VII Chigi, per accogliere trionfalmente l’arrivo di Cristina di Svezia. Il suo stemma di famiglia, il monte a sei cime e la stella a otto raggi, domina la struttura. Lo scopo era quello di dare risalto mediatico alla conversione della sovrana, che entrava a Roma dalla stessa porta varcata, centocinquanta anni prima, da Martin Lutero. È sempre del Bernini il festone con quercia e spighe, simboli araldici del pontefice e della monarca, in cui domina la lapide con la famosa inscrizione latina: FELICE FAUSTOQUE INGRESSUI, dedicata alla regina convertitasi al cattolicesimo e accolta a Roma dal popolo in festa.


Certo il pontefice ignora che la regina, seppur convertita, avrebbe portato ugualmente lo scompiglio nella città, con il suo spirito culturalmente ribelle, il suo atteggiamento libero e libertino, la sua intraprendenza intellettuale che trasformò i sonnacchiosi palazzi romani in salotti culturali vivaci e festaioli.


Alla fine dell’Ottocento l’intervento di Vespignani, che ha aperto i due fornici laterali ed eliminato i due torrioni, per migliorare la viabilità, ha dato a porta del Popolo l’aspetto attuale. Mi avvio lungo Muro Torto per raggiungere la porta successiva: Porta Pinciana
                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

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(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)
(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma almeno una volta nella vita)





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