La Chiesa di San Nereo e Achilleo

aprile 03, 2020


Al termine di via delle Terme di Caracalla sorge una chiesa solitaria, immersa nel verde e un po’ nascosta. Le automobili sfrecciano veloci lasciando brevissimi istanti allo sguardo per apprezzarne l’eleganza. Una pista ciclabile scorre nel retro, dove sono sistemate alcune panchine. È questa la prospettiva più suggestiva, si percepisce il tempo che è fluito proprio qui. Il portale d’ingresso cela un indizio sulla storia curiosa di questa chiesa. Sotto il bel timpano triangolare, due scritte annunciano la doppia dedica ai martiri Nereo e Achilleo e al misterioso Titulus fasciolae.


Proverò a fare un po’ di chiarezza. I ritrovamenti archeologici fanno risalire la prima struttura agli albori del cristianesimo romano, nel 377 d.C. Ma una leggenda racconta che nell’anno 67, l’apostolo Pietro – in fuga da Roma per evitare il martirio – perse una delle bende che gli fasciavano le ferite. Ciò avvenne poco fuori Porta Capena, sulla via Appia, che a quel tempo scorreva in questo luogo. La benda, in latino fasciolae, fu ritrovata e in quel luogo sorse la prima chiesa, il Titulus fasciolae, appunto. Per quanto affascinante e carico di sacralità, il nome non sopravvisse a lungo. Già alla fine del VI secolo troviamo la dedica ai santi Nereo e Achilleo, anche se non si ha la certezza di chi fossero. Sicuramente furono uccisi dalla terribile persecuzione di Diocleziano: con ogni probabilità erano soldati convertiti al cristianesimo, oppure schiavi della nobile Flavia Domitilla, divenuti seguaci di Cristo insieme alla donna. L’edificio fu restaurato più volte, subendo notevoli modifiche.


I primi ritocchi avvennero nel IX secolo, sotto papa Leone III, che bonifiò la valle ormai coperta da paludi e acquitrini. In quell'occasione i corpi dei due martiri furono traslati nella chiesa dalle vicine catacombe di Domitilla. Sfortunatamente, appena un secolo più tardi, andò di nuovo in rovina, complice la distanza dal centro abitato di allora. I corpi dei martiri furono nuovamente trasferiti, lasciando la chiesa senza martiri e senza la reliquia della benda di Pietro, che non fu mai trovata, sollevando dubbi sulla sua effettiva esistenza. I resti dei martiri compirono ancora un viaggio di ritorno nella chiesa nel XVI secolo, dove riposano attualmente.


Oggi è uno dei posti preferiti dagli innamorati per convolare a nozze, nonostante le pitture del Pomarancio sulle navate laterali. L’artista, nel Cinquecento, affrescò con dettagli orrendi il martirio degli apostoli, particolari raccapriccianti che poco si accostano ad una cerimonia nuziale.




(Claudio Colajacono - I love Roma) 

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