Il cibo delle feste nella tradizione romana

dicembre 22, 2019


La cucina romana tradizionale ha anche la caratteristica, come tutte le altre, di scandire il tempo, di essere la manifestazione concreta delle feste e dei giorni “ricordatori”. Ogni festa ha il suo menù, la sua specialità che la caratterizza e la rende unica e specifica. Così il cibo di ogni giorno, il cibo feriale, povero e misero, viene riscattato dal cibo della festa, dalla vivanda speciale, già a priori considerata prelibata. Il cenone di Natale, che si preparava il 24 dicembre, era tradizionalmente un pasto di magro che comprendeva spaghetti con alici, l’anguilla (detta capitone) sia arrosto che marinata, i broccoli fritti, il torrone e il pangiallo. Il pranzo del 25 dicembre, ricorrenza che tradizionalmente nel tardo Impero era la festa della nascita del Sole, (cade infatti intorno al solstizio d’inverno), comprendeva i capponi ripieni e l’uva, tenuta in serbo per l’occasione, simbolo di sicura prosperità. Il primo dell’anno è di prammatica preparare lo zampone di maiale con le lenticchie: ogni lenticchia simboleggia un quattrino e chi più ne mangia, più diventa ricco! La sera della Befana, cioè la vigilia dell’Epifania si preparava una cenetta per la Vecchia che sarebbe scesa dal camino. A Roma, infatti, i regali ai bambini li portava la Befana, figura di strega benefica, erede della latina Strenia (da cui strenna) che, scendendo dai monti di notte, premiava i bambini buoni e castigava i bambini cattivi. Si lasciavano vicino al camino due calze e un piatto di carne, legumi e frutta per la Befana che, durante la notte, riempiva le calze dei buoni con pastarelle, fichi secchi, mosciarelle, arance e giocarelli e riempiva le calze dei cattivi con cenere e carbone.

(Cecilia Gatto Trocchi - Leggende e racconti popolari di Roma) 



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