Visita alle Fosse Ardeatine

marzo 24, 2021


"...il terzo luogo che tramanda la memoria dei mesi dell'occupazione, il più tragico, è il Sacrario delle Fosse Ardeatine, che si trova sulla via Ardeatina, fra la catacomba di Domitilla e quella di San Calisto. Era una cava di pozzolana da cui, negli anni Trenta, erano state estratte importanti quantità di materiale per la costruzione dei nuovi quartieri romani voluti dal fascismo.  Il risultato era un dedalo di gallerie che si inoltravano nella parete della collina per decine di metri. Oggi il luogo è irriconoscibile rispetto ad allora e anzi, dal punto di vista monumentale, il sacrario inaugurato nel 1949 è una delle più riuscite sistemazioni della Roma contemporanea.


Il cancello di bronzo è di Mirko Basaldella, il gruppo marmoreo dei tre torturati di Francesco Coccia; un'immensa pietra tombale lascia passare solo una fessura di luce e schiaccia il visitatore, opprimendo con un forte effetto emotivo la cripta seminterrata (opera di Giuseppe Perugini, Nello Aprile, Mario Fiorentino) dove sono raccolte 335 tombe.


A seguito dell'attentato di via Rasella, i nazisti decisero di punire Roma in modo esemplare: dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Le cave ardeatine vennero scelte come luogo per l'esecuzione degli ostaggi. Il colonnello Kappler fu incaricato di preparare la lista dei condannati alla morte, compito che svolse praticamente durante l'intera notte fra giovedì 23 e venerdì 24 marzo 1944. Il primo criterio fu di includere chi era già stato giudicato e condannato; chi, anche se ancora non giudicato, aveva serie probabilità di essere condannato e gli ebrei, a qualunque titolo, fermati o detenuti. Si arrivava a 94 candidati. Nel frattempo le SS uccise erano diventate 32 per cui si era ancora ben lontani dal totale richiesto. Kappler riuscì, inserendo nella lista persone che non avevano colpe e sui quali non aveva alcun titolo giuridico per intervenire, a raggiungere un totale di 270 uomini. A quel punto i 50 nomi mancanti furono richiesti ai collaboratori fascisti. Il questore di Roma, Pietro Caruso conferì con il ministro degli Interni di Salò, Guido Buffarini-Guidi che quel giorno era a Roma, per le celebrazioni del 25° anniversario della fondazione dei fasci, il quale si limitò a rispondere: "che posso fare? sei costretto a darglieli. Altrimenti chissà cosa potrebbe succedere. Si, si, daglieli". Gli ultimi 50 uomini vennero presi dal braccio di Regina Coeli riservato ai prigionieri politici. Fu Kappler che radunò i suoi uomini comunicando loro che entro poche ore 320 persone avrebbero dovuto essere fucilate e che bisognava fare in fretta e tenere segreta l'operazione. Aveva a disposizione 74 persone fra ufficiali, sotto ufficiali e un soldato. Nel frattempo un altro soldato tedesco era morto, quindi servivano altri dieci italiani. Proprio quella mattina erano stati scovati e portati a Regina Coeli altri dieci ebrei, che vennero immediatamente inseriti nella lista. Alle 14 il primo carico raggiunse le cave.
 

Un pastore che dall'alto della collina stava accudendo il suo gregge e all'arrivo dei furgoni si nascose, dirà poi al processo di aver sentito i primi colpi alle 15.30. Il massacro proseguì ininterrottamente per tutto il pomeriggio fra colpi, grida, puzzo di fumo, di sangue, di escrementi, con gli stessi carnefici che, a un certo punto, dovettero essere ubriacati per continuare quell'infame lavoro.
 

C'erano fra le vittime, agenti di polizia e venditori ambulanti, operai e camerieri, medici e ufficiali, carabinieri e impiegati, ferrovieri e musicisti, studenti e tipografi, professori e contadini. Settanta erano ebrei; il più anziano era un commerciante di settantaquattro anni, Mosè Di Consiglio, ucciso insieme ad altri cinque familiari; il più giovane un adolescente di quattordici anni; numerosi i ragazzi fra i diciotto e vent'anni..."




Corrado Augias - "I segreti di Roma"

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