Le Mura Aureliane: Porta Tiburtina

dicembre 22, 2020

Dall’angolo di Viale Castro Pretorio con via Monzambano, dove si trova, nascosta e dimenticata, all’interno di una proprietà privata, la Porta Clausa, ci dirigiamo lungo Viale Pretoriano fino ad arrivare a Piazzale Sisto V, attraversiamo le mura Aureliane ed entriamo in Viale di Porta Tiburtina, dove è possibile assistere a un fenomeno di inglobamento al contrario: in questo caso sono le mura a essere state integrate con case private, costruite ai primi del Novecento. 


Arriviamo così a Porta Tiburtina, in una zona dove gli archi di tre acquedotti di epoca romana, restaurati nel Cinquecento da Sisto V per la sua Acqua Felice, si incrociano, anzi entrano a far parte della cerchia delle mura Aureliane. Anche porta Tiburtina era in origine il monumentale fornice di uno di questi acquedotti, così ben strutturato e robusto da risultare adatto a essere inglobato nelle mura difensive. L’arco risale all’età augustea e sovrasta l’antica via Tiburtina. L’Imperatore Onorio, nel V secolo, ne rafforzò ulteriormente la struttura rivestendola con una cortina in pietra e munendola di una camera di manovra per azionare una saracinesca come ulteriore mezzo di difesa.


L’impero era ormai alla sua fine e i barbari premevano ai confini. Inglobato nelle Mura Aureliane, come parte interna della Porta Tiburtina, l’arco in travertino è tutt’oggi perfettamente conservato, così come i successivi elementi di fortificazione inseriti nel Medioevo e nel XVI secolo da Alessandro Farnese.


L’attico a due piani è attraversato dagli acquedotti e iscrizioni che ricordano gli interventi di Augusto, Caracalla e Tito. La porta veniva chiamata dal popolino anche porta Taurina, per la presenza, su entrambe le facciate, di due teste di toro, i cosiddetti “bucrani”, situati proprio sulla chiave di volta. Fateci caso: le due teste non sono uguali. Una è scheletrica, mentre l’altra bella in carne.


In un testo medievale la differenza veniva spiegata così: il bue ossuto, che si trova all’esterno, alludeva ai forestieri che entravano a Roma, magri ed emaciati, ma anche a chi abitava fuori delle mura, in condizioni di povertà, mentre quello in carne all’interno, faceva riferimento a coloro che da Roma uscivano ben nutriti, o anche a chi si trovata a Roma e viveva nel benessere della città. E’ chiamata anche Porta San Lorenzo, perché attraversandola si arriva alla basilica dedicata al santo.

 

(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma)
(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)
(M. Silvia Di Battista - Roma curiosa terzo volume)

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