La pornocrazia romana - 2^ parte

marzo 11, 2020


Secondo Liutprando di Cremona, a Teodora bastava un’occhiata per dominare il papa. “Col solo potere degli occhi, i quali parea talvolta nuotassero nel sangue” era lei a mettere e togliere i papi dal soglio di Pietro, come e quando voleva. Vantava una posizione privilegiata la signora o “meretrice svergognata e puttana spudorata” come la definisce il vescovo pettegolo. Un giudizio viziato dall’acredine nutrita verso la sua avversaria politica, ovvio, ma non troppo lontana dalla verità. Teodora era un’ex prostitua d’alto bordo, analfabeta e ignorante, ma molto ben istruita nelle faccende di politica e nei meccanismi papali. Così esperta da istruire anche la figlia Marozia, che in breve superò la maestra. La famiglia dei Teofilatti era molto potente a Roma. Il marito di Teodora faceva parte degli optimates, era senatore, incaricato della gestione delle finanze papali e capo della milizia romana. Insomma, capite da soli la posizione di assoluto privilegio che gli consentiva di fare i propri interessi per ottenere sempre più potere. All’epoca, per diventare padrone di Roma non serviva un santo di paradiso ma un amico, meglio se un parente, sul soglio di Pietro. Teodora e Teofilatto lo sapevano e si diedero da fare in questo senso. Nel 904 riuscirono a far eleggere papa un loro amico nonché parente (qualcuno sostiene fosse il cugino di Teofilatto, qualcuno il fratello), Sergio III e per farselo ancora più amico pensarono bene di infilargli nel letto la bella figlia di quindici anni, Marozia. Teodora e Teofilatto erano noti per la condotta immorale e disinibita, sia politicamente che sessualmente: gli avversari o li eliminavano o se li portavano a letto. Sesso e politica coincidevano e quindi niente di più naturale che ingraziarsi il papa con un regalo di lusso, tanto più se il papa in questione era famoso per i voraci appetiti, anche sessuali. Secondo alcune voci, precedentemente Sergio era stato l’amante di Teodora. Sua figlia Marozia era di una bellezza straordinaria, su questo tutti d’accordo. Lo stesso Liutprando è costretto ad ammetterlo: “bella come una dea” la definisce, prima di aggiungere: “focosa come una cagna”. 
A papa Sergio, quindi, era andata di lusso con un’amante bella, focosa e più giovane di vent'anni. La storia di letto con Sua Santità (perché definirla storia d’amore sarebbe da ipocriti) serviva alla famiglia di Teofilatti per manovrare il papa come un burattino, a tutto vantaggio dei propri affari. Da quel momento, la strategia di Marozia, appresa dalla madre, sarà sempre la stessa: tenere i potenti nel proprio letto, per tenere il potere nelle proprie mani. Tutte le sue relazioni furono esclusivamente con uomini potenti e ambiziosi e sfruttò legami e relazioni solo a fini politici. Marozia visse per diverso tempo in Laterano, all'epoca residenza papale, come concubina ufficiale di papa Sergio, al quale diede anche un figlio, Giovanni. In realtà furono in molti a mettere in dubbio che il papa fosse il legittimo padre, sospettando probabili relazioni adulterine della bella Marozia. Anche perché si mormorava che la ragazza avesse cominciato da dare segni di insofferenza nei confronti del maturo amante e la nascita del figlio non servì a mettere a posto una relazione già in crisi. Il problema non era la differenza d’età né la mancanza d’amore. Non era un tipo romantico, Marozia, ma una donna concreta e estremamente ambiziosa. In realtà a preoccuparla era la sua posizione: l’età avanzata di Sergio rappresentava un problema solo perché l’eventuale e vicina morte del pontefice avrebbe lasciato la cattedra di Pietro vacante e rimesso in discussione il potere dei Teofilatti. Bisognava dunque giocare d’anticipo. Teofilatto giocò le sue carte stringendo un’alleanza con Alberico di Spoleto, ambizioso cavaliere dalle origini oscure che si era conquistato il ducato. Marozia celebrò il sodalizio stringendo con lui una relazione, dopo avere scaricato il papa senza troppi rimorsi. Poco dopo, nel 915, Sergio morì, proprio al momento giusto e in circostanze così repentine da far nascere in molti il sospetto di un avvelenamento. L’indiziata numero uno, ovviamente, era Marozia. Infischiandosene delle chiacchiere, la donna sposò Alberico che legittimò il probabile figlio del papa come suo. Quindi, morto un amante se ne fa un altro e morto un papa se ne fa un altro. A occuparsi dell’elezione del nuovo pontefice fu sempre il clan dei Teofilatti che, forti dell’appoggio del genero nuovo di zecca, piazzarono sul soglio di Pietro una serie di fantocci privi di personalità che manovrarono come pedine sullo scacchiere dei propri interessi. Era soprattutto Teodora a occuparsi della scelta dei pontefici da eleggere: lo sapevano tutti che in casa era lei a portare i pantaloni ed era sempre lei a farli calare, con il famigerato sguardo, a chi le conveniva. La matriarca furbescamente, selezionava sempre i papabili più insulsi, quelli che avrebbero obbedito meglio ai suoi comandi. Ma fu proprio lei, così esperta in materia, a commettere un grave errore di valutazione quando elesse… ops! Scusate, quando fece eleggere Giovanni X. 

Il vescovo Giovanni di Ravenna era un amico della famiglia Teofilatti, ma si mormorava che Teodora se ne fosse innamorata e ne avesse fatto il suo amante, il suo giovane amante. Altre voci, invece, sostengono che fosse stato il vescovo a sedurla durante un’ambasciata, convincendolo a portarlo con sé a Roma per essere più vicini. Una volta nell'Urbe, diventare papa sarebbe stata la conseguenza naturale della relazione e infatti grazie all'intercessione della potente amante, l’ambizioso vescovo di Ravenna venne eletto nel 914. Fin qui niente di strano, solo che Giovanni X non era un papa come gli altri e su di lui il seducente sguardo di Teodora non funzionava. Era intraprendente e per niente disposto a essere usato come un fantoccio. (...continua)


(Giulia Fiore Coltellacci - Storia pettegola di Roma)

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