Nozze Gay a San Giovanni a Porta Latina

dicembre 21, 2019


San Giovanni a Porta Latina è una delle più belle e appartate chiese di Roma. Gli sposi raffinati che la scelgono per il loro matrimonio non immaginano davvero che quattrocento anni fa ben altre, incredibili nozze, vi furono celebrate. Lasciamo raccontare a Montaigne la storia: in questa chiesa “alcuni portoghesi si erano riuniti in una strana confraternita e, durante la messa, si sposavano tra uomini, seguendo lo stesso rito che usiamo noi per le nozze normali: si comunicavano insieme, leggevano il medesimo Vangelo nuziale e poi dormivano e abitavano insieme”. Essi credevano che bastasse la celebrazione del rito matrimoniale per rendere legittima qualsiasi unione, anche tra persone dello stesso sesso. Il 2 agosto 1578, l’ambasciatore veneto Antonio Tiepolo inviò al suo governo questo rapporto: “sono stati presi undici fra Portoghesi et Spagnoli, i quali…con horrenda sceleraggine, bruttando il sacrosanto nome di matrimonio, se maritavano l’un con l’altro, congiungendosi insieme, come marito e moglie. Vintisette si trovavano, et più, insieme il più delle volte, ma questa volta non ne hanno potuto coglier più che questi undici, i quali anderanno al fuoco, et come meritano”. Per una legge emanata da Pio V nel 1566, i sodomiti dovevano essere condannati al rogo. Gli strani tipi di Porta Latina furono giustiziati il 13 agosto 1578, come riferisce l’Informatore del Duca d’Urbino: “Questa mattina si è fatta la giustizia de’ maledetti Portughesi et Marrani (cosi si chiamavano, in Spagna, i mori o gli ebrei convertiti per forza e, perciò, di dubbia fede) al numero di sette, con un barcaruolo italiano, per homicidio, i quali dopo essere stati impiccati furono sopra due carretti portati a Porta Latina et ivi abbrugiati, essendone restati alcun altri prigioni, che si conserveranno per altro forno”. Dai registri dell'Arciconfraternita di San Giovanni decollato, si apprende che i sette furono impiccati sulla Piazza di Ponte (sulla riva opposta a Castel Sant'Angelo) e che erano tutti piuttosto male in arnese. Ecco i loro nomi, come li scrisse con incerta grafia e dubbia ortografia, lo scrivano Antonio Strambi: “Baldasar alias Battista del già Nicolo di Frastonichi in Albania (diocesi di Tortosa); Francesco del già Gianmartino di Raditoldo; Bernardino di Antonio de Alfar di Siviglia; Alfonso de Poglis di Madis (diocesi di Toledo); Girolamo di Giovanni di Toledo; Marco del quondam Giovanni Pinto di Vienna (diocesi di Ebora)”. Solo quest’ultimo era portoghese. Morirono tutti con gran devozione e domandando perdono per i loro peccati.

(Italo De Tuddo - I Diavoli del Pantheon e altre curiosità romane)



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