Chi sei, Cacini?

febbraio 04, 2020


Potrebbe capitarvi, magari tra i vicoli del rione Monti, di udire qualche anziano usare la colorita espressione: “Ma chi sei, Cacini?”, per apostrofare chi si professa particolarmente capace nel compiere un gesto o una piccola impresa, magari anche un po’ sbruffone e noncurante del pericolo. Il romanesco sposa perfettamente il sarcasmo e la presa in giro. Negli anni, espressioni di questo tipo si sono succedute cambiando il personaggio per adeguarsi ai tempi. Ecco che Cacini era un tempo Er Tinea e più di recente Mandrake o Superman. Ma chi era questo Cacini? Guastavo Cacini era un personaggio di inizio secolo, alcuni lo definiscono un bullo anche se, a parte qualche zuffa, si tenne lontano da episodi di vera malavita. Il suo carattere esuberante, gradasso e per molti versi greve, veniva esibito sul palcoscenico dei tanti teatri dove andava in scena il varietà e le performance di chi si considerava dotato di estro e arte. A Roma queste rappresentazioni artistiche diventavano una sorta di “Corrida di Corrado”: dilettanti allo sbaraglio, dove il pubblico diventava parte attiva dell’intera rappresentazione. Non di rado, volavano sul palco ogni sorta di verdura, uova e persino… gatti morti! Alle frasi degli artisti echeggiavano spesso quelle del pubblico, prese in giro belle e buone, non di rado offensive. È proprio qui che Cacini mostrava tutta la sua abilità e in un certo senso la sua vena artistica: invece di scappare dietro le quinte, affrontava il pubblico a viso aperto, rispondeva per le rime. La sua performance entrava in simbiosi con il pubblico, si trasformava, diventava un dialogo romanesco a suon di sarcasmo e ironia tra lui e il pubblico, dove spesso a farne le spese era proprio chi dal pubblico lo aveva sfidato. Cacini teneva testa alla platea più agguerrita. Per questo motivo divenne una sorta di leggenda per il popolo, tanto da valergli quel modo di dire che ancora da qualche angolo di Roma riecheggia come un omaggio involontario, un padrenostro regalato alla memoria di Gustavo Cacini.

(Claudio Colaiacomo – I love Roma)

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