La pornocrazia 3^ parte

marzo 11, 2020




Così Teodora cadde vittima di quella strategia pornocratica di cui era stata maestra. Il neoeletto papa iniziò da subito a intessere alleanze poco gradite al clan dei Teofilatti, in primis quella con Berengario del Friuli, condottiero aspirante alla corona di re d’Italia, che con il prestigio delle sue armi poteva aiutare papa Giovanni X ad affrancarsi dal controllo dei potenti di Roma. Fu proprio grazie all'aiuto di Berengario se riuscì a sbaragliare i saraceni cacciandoli dalla penisola, una vittoria che lo rese un eroe e gli consentì di nominare il suo alleato Berengario re d’Italia e imperatore del Sacro Romano Impero. I Teofilatti, che avevano partecipato alle vicende ma in ruoli secondari, si dovettero accontentare del conferimento del titolo di console ad Alberico, il marito di Marozia. Ma che se ne faceva Marozia di un marito console quando la sua ambizione puntava al titolo di re? Il papa si era fatto una pericolosa nemica e presto non poté più contare neanche su un eventuale appoggio della sua ex amante, visto che nel frattempo Teodora era morta, insieme al marito, in circostanze misteriose. Marozia divenne la nuova matriarca e mirava a diventare la nuova padrona di Roma. Finché Giovanni X poté contare sull'appoggio di Berengario, la donna ebbe poca libertà di movimento. Ma la fortuna girò dalla sua parte, più o meno quando voltò le spalle al re d’Italia, prima caduto in disgrazia per le numerose sconfitte e poi caduto vittima di una congiura. Era il 924 e con l’uscita di scena di Berengario, Marozia poté finalmente tornare alla ribalta per essere la protagonista assoluta sulla scena politica. Così, quando il marito Alberico di Spoleto vide sfumare la possibilità di sedersi sul trono perché a essere incoronato re d’Italia fu Ugo di Provenza (eletto dai principi italiani senza chiedere al papa nemmeno un parere) per Marozia fu chiaro che il matrimonio era arrivato al capolinea. 
Doveva scendere da quella locomotiva, di per sé già vecchia rispetto al Frecciarossa. Senza volerlo, fu proprio il suo nemico Giovanni X a facilitarle le cose, organizzando una rivolta contro Alberico che, costretto a scappare da Roma, fu ucciso a Orte dal popolo inferocito. A detto di tutti, la moglie non mosse un dito per difenderlo. Mai vedova fu più allegra di Marozia. Liberatasi del primo marito Alberico, senza neanche doversi sporcare le mani, era pronta a sedurre un miglior partito. Quello più appetibile sulla piazza era Guido di Toscana. Aveva tutti i requisiti del marito ideale: era potente, era anziano e, soprattutto, era il fratello del nuovo re d’Italia, Ugo. Scacco matto a papa Giovanni X, per il quale le cose cominciano a mettersi davvero male. Anzi malissimo. Nel 928 Marozia e il nuovo marito partirono armati alla volta di Roma, assaltarono le mura aureliane, penetrarono in città e assediarono il Laterano. Per il papa fu la fine: catturato, deposto e rinchiuso a Castel Sant'Angelo, morì l’anno seguente. Qualcuno parlò di avvelenamento e, come già per papa Sergio III, anche in questo caso la sospettata numero uno fu Marozia. Ma le se ne infischiava dei pettegolezzi e dei sospetti visto che era la nuova, unica e incontrastata signora di Roma. Riprese la buona vecchia abitudine di famiglia di occuparsi in esclusiva e in prima persona dell’elezione del pontefice. Il criterio di selezione era lo stesso brevettato dalla madre Teodora: scegliere rigorosamente personaggi insulsi, con poco carattere e facilmente manovrabili come il vecchio Leone VI, durato sette mesi e secondo alcune indiscrezioni anche amante di Marozia e Stefano VII ricordato solo per non aver fiatato quando la donna diede l’ordine di uccidere Giovanni X. Fu proprio sotto il pontificato di papa Stefano che la meretrix Marozia fu nominata (si fece nominare, per essere precisi) senatrix, senatrice di Roma, non so se mi spiego. I due papi servivano alla signora solo come segnaposto, ovvero dovevano scaldare il trono in attesa che il figlio Giovanni potesse essere eletto papa. Cosa che accadde nel 931, quando il giovane aveva appena ventuno anni.

Il rampollo, salito al soglio di Pietro con il nome di Giovanni XI, era un raccomandato di ferro: non solo era il pargolo di Marozia, ma era anche figlio d’arte visto che il padre era stato a sua volta papa, quel Sergio III che aveva avviato la carriera della nostra Dark Lady. Con il figlio piazzato al posto di comando, Marozia aveva raggiunto il potere assoluto, tanto più che Giovanni era totalmente succube di mammà. La signora si trasferì a vivere in Laterano come una papessa, tirannica e ubriaca di potere e secondo le voci di corridoio, comandava a bacchetta non solo il figlio, ma anche il marito Guido il quale, proprio quando la moglie arrivò all'apice del successo, pensò bene di morire, lasciandola priva di protezione militare. Marozia, però, aveva da sempre puntato su ben altre armi per vincere le sue battaglie, armi prettamente femminili, quelle di seduzione nella fattispecie. E morto un marito, se ne fa un altro. Possibilmente ancora più potente. Per dovere di gossip devo segnalare alla vostra attenzione la diceria secondo la quale anche Guido di Toscana morì avvelenato, ovviamente da Marozia. (...continua)

(Giulia Fiore Coltellacci - Storia pettegola di Roma)

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