Il Roseto Comunale

aprile 26, 2021


In genere, a partire dalla data del 21 aprile, Natale di Roma, apre il Roseto Comunale, un posto straordinario che colpisce per i colori e gli odori. Floribunde, arbustive, tappezzanti, miniature, rampicanti. Che alla rosa si potessero aggiungere tanti aggettivi non sembrava proprio possibile. Una rosa, del resto, non è sempre e solo una rosa? Bisognerebbe chiederselo in un pomeriggio di maggio, magari verso sera, quando l’aria si fa leggermente più umida contribuendo, così, a scatenare l’arma più infallibile del Roseto comunale: il profumo che arriva dai rosai.


Viene da pensare se ancora ne sia rimasta qualche traccia sul colle Oppio, dove si trovava prima di essere spostato qui, nel luogo in cui, fino al 1934, si trovava il Cimitero Ebraico, poi sbancato per fare posto a via del Circo Massimo. ll Roseto di Roma, che vanta varietà e collezioni particolari, antiche e moderne, ha una collocazione unica, si affaccia sul Palatino e sul Circo Massimo


vede la cupola della Sinagoga,


si allunga sui cavalli che svettano sopra il Vittoriano, incornicia Monte Mario e ha nel mirino il campanile delizioso di Santa Maria in Cosmedin.


Posto sulla traiettoria delle chiese dell’Aventino, dopo un sicuro passaggio alla Bocca della Verità, il Roseto di Roma rientra a pieno titolo nelle visite obbligate, fosse il momento breve della sua apertura al pubblico, nel mese di maggio, quando le rose sono nel loro massimo splendore.


Sembra, come racconta Tacito, che in quel pendio che affaccia sul Palatino, sorgesse un tempio dedicato alla Dea Flora, da cui partivano i festeggiamenti primaverili che si svolgevano nel Circo Massimo. Fu poi vigneto e orto, per trasformarsi in spazio cimiteriale della comunità ebraica, intorno al 1640. Quando il cimitero ebraico fu trasferito al Verano, l’area divenne il luogo adatto per far rinascere il roseto del comune, all'epoca collocato, come già detto, sul Colle Oppio e andato distrutto dalla guerra. A ricordo che quello era stato un luogo sacro della comunità degli ebrei romani, la distribuzione delle rose coltivate nel roseto lascia traccia di un disegno di aiuole che riproducono il candelabro a sette braccia, la Menorah, simbolo dell’ebraismo, mentre una stele, all'ingresso, trattiene la memoria della precorsa destinazione.


Il giardino è diviso in due parti: una ospita le collezioni stabili, l’altra è riservata per la messa a dimora delle piantine che partecipano annualmente a esposizioni, manifestazioni e premi prestigiosi, tra cui il Premio Roma che si tiene da più di mezzo secolo. Se Roma ha il suo roseto comunale la fortuna è dovuta alla caparbia determinazione di una americana, la contessa Mary Gailey Senni, donna di cultura botanica, che si adoperò con decisione per promuovere anche all'estero il nostro roseto. Aveva sposato un conte italiano e restò a vivere qui. Nel roseto ci sono più di 1100 specie e provengono da ogni parte del mondo, anche dalla Cina e dalla Mongolia, alcuni esemplari sono davvero particolari.


Doveste mai imbattervi in una rosa dai petali blu, si tratterrebbe di qualche alchimia del vivaista e quindi diffidate, almeno fino a prova contraria. C’è una rosa dai petali verdi, una con petali di un rosso intenso e regale, che è stata dedicata alla principessa Soraya, che molto affettuosamente fu accolta a Roma dopo il suo allontanamento dall’ultimo Scià di Persia, Reza Pahlavi.


C’è una rosa che cambia colore con il passare dei giorni e una che… puzza, succede anche nelle migliori famiglie! Che si conoscano o no le rose, comunque, qui ha poca importanza. All'ignoranza botanica si sopperisce facilmente, soprattutto nell'area dedicata alle piante storiche, grazie ai pannelli disposti davanti alle aiuole. Basta fermarsi un momento per sapere, per esempio, che le rose moderne fioriscono di più, ma profumano di meno e che quelle antiche, invece, venivano utilizzate per curare ogni male, insonnia compresa. Ma anche che il tipo Centifolia, era detta pure “rosa dei pittori”, perché gli artisti fiamminghi amavano inserirle nei loro quadri. Ma non è con un desiderio di cultura floreale che ci si inerpica fin quassù. Al Roseto si viene per ammirare da una posizione regale un paesaggio che si prostra davanti al primo colle della città, quello da cui tutto ha avuto inizio.


Si viene per indugiare sulle panchine facendo l’unico sforzo di attribuire a ogni fiore il suo profumo; si viene per riempirsi gli occhi di petali e di foglie. Per ritrovarsi in un piccolo mondo romantico in cui, per una volta, una rosa non è mai soltanto una rosa.


A ottobre, a volte, se il clima si mantiene caldo, le trovi ancora lì: le piante esauste per l’ennesima fioritura, i fiori non colti spampanati, i germogli che attendono un’altra alba calda per schiudersi o un’improvvisa gelata notturna per morire. Ma il profumo è ancora fortissimo e invita alla meditazione, a perdersi fra i cespugli colorati, a cercare il proprio esemplare preferito, la pianta più robusta.

(Ilaria Beltramme - 101 cose da fare a Roma, almeno una volta nella vita)
(Rinaldo Gennari - Stravaganze romane)

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