I giardini appena rinnovati di
Piazza Vittorio, una delle piazze più grandi della città, celano un segreto.
Qui, nel Seicento, era aperta campagna e l’area della piazza era occupata dalla
monumentale residenza di Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte, uomo
ricco e assai colto e come molti, in quel periodo, soprattutto fra le classi
privilegiate, appassionato di alchimia ed esoterismo. Faceva parte della
cerchia esoterica della regina Cristina di Svezia e nel laboratorio della sua
villa all’Esquilino, si cimentava con esperimenti alchemici, soprattutto quelli
per la trasformazione del metallo in oro. Alla morte del marchese, dopo aver
cambiato varie volte proprietario, la villa venne, infine, demolita.
Se ne
salvò solo una porta, che in origine era uno dei suoi ingressi secondari: la
cosiddetta porta magica. Si tratta di una fondamentale e unica testimonianza
epigrafica di quella scienza sacra e conoscitiva che fu l’alchimia e per scovarla
bisogna cercare attentamente nei giardini, accanto a quel rudere chiamato “Trofei di Mario”, che in realtà era il Ninfeo di Alessandro.
È murata, e non conduce
da nessuna parte ed è chiamata magica perché il frontone, gli stipiti, la
soglia, l’architrave e il gradino sono coperti da enigmatiche iscrizioni in
latino e in ebraico, simboli esoterici e simboli zodiacali. Qui la storia si
sovrappone e si mescola alla leggenda, che si tramanda ormai da secoli. Sembra
che una notte del 1660, un misterioso pellegrino si presentò alla villa, chiedendo di poter utilizzare il laboratorio del marchese per lavorare alla creazione
della pietra filosofale e che, prima di sparire all’improvviso, lasciò un
manoscritto pieno di complicatissime formule magiche, nonché alcuni grammi di oro
purissimo, segno che i suoi esperimenti erano andati a buon fine. Non riuscendo
a decifrare quelle formule, il marchese le fece incidere sulla porta, una sorta
di testamento per il futuro, nella speranza che qualcuno riuscisse a svelare
quel mistero. Ma nessuno riuscì mai ad interpretare correttamente quei simboli
e a fabbricare l’oro, che resta ancora privilegio esclusivo di madre natura.
Secondo molti, però, è probabile che fu lo stesso marchese a ideare le formule
magiche e che, in periodo di Controriforma e Inquisizione, fosse più prudente
celare la propria passione dietro la leggenda di un misterioso viandante, o,
meglio, dietro una porta, oggi murata. Ai suoi lati, quasi come due guardiani,
ci sono due personaggi mostruosi, in pietra, che rappresentano la divinità
egizia Bes, protettore delle dimore e dell’infanzia, che nulla hanno a che
vedere con la villa originaria, ma aggiunti successivamente, alla fine dell’Ottocento,
dopo il loro ritrovamento durante i lavori sul Quirinale e giudicati perfetti
per sorvegliare la bizzarra porta.
Al di là dei segreti alchemici e delle
formule indecifrabili, sulla porta è inciso anche un messaggio comprensibile a tutti,
quasi un’esortazione a non fermarsi, ad essere sempre curiosi e cercare di
superare i propri limiti. La frase, palindroma, dice “Si sedes non is”, “se siedi
non procedi”, che letta al contrario diventa “Si non sedes is”, “se non siedi, procedi”.
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