La chiesetta del “Domine quo vadis”
sull’Appia Antica è detta anche “Santa Maria delle Piante” per la presenza di
un’incredibile reliquia: l’impronta delle piante dei piedi di Gesù. La
tradizione vuole infatti che la chiesetta sia sorta nel punto in cui Gesù apparve
a San Pietro che fuggiva da Roma per evitare il martirio. La tradizione
racconta di due frasi che si sarebbero scambiati Pietro e Gesù: “Domine quo
vadis?” (“Signore dove vai?) pronunciata da Pietro e “Venio Romam iterum crucifigi”
(“Vengo a Roma per essere crocifisso di nuovo”), detta da Gesù. Un breve
scambio di parole che convinse Pietro a tornare a Roma e ad affrontare il
martirio. Nella chiesa è venerata la pietra dove – secondo la tradizione
medievale – sarebbero rimaste le impronte dei piedi di Cristo lasciate su una
selce del pavimento stradale.
In realtà però si sa che la pietra è parte di un
ex voto proveniente da un santuario pagano. L’ex voto completo era composto da
due piedi indirizzati in un senso e altri due accanto in senso opposto. Era denominato
“pro itu et reditu” cioè “per essere andato e tornato”, come mostrava il disegno
delle impronte, che in un senso indicavano l’andare e nell’altro il tornare. Entrando
nella chiesetta, oggi, si resta colpiti dall’atmosfera fuori dal tempo che vi
si respira. È formata da una sola piccola navata e da un modesto affresco nell’abside.
Facendo attenzione ai particolari, si scopre sul pavimento una striscia
lastricata, larga un paio di metri, che va da una parete all’altra della
chiesa, dove campeggiano due affreschi, uno raffigurante san Pietro e l’altro Gesù
Cristo durante il famoso incontro descritto. La pietra lasciata nella chiesa del
Domine Quo Vadis per il culto dei fedeli è, in realtà, una copia dell’originale
che, dalla notte dei tempi, fu spostata, per un’esigenza di maggiore protezione,
nella chiesa di San Sebastiano, precisamente nella prima cappella a destra,
detta appunto “Cappella delle Reliquie”.
Lo scrittore polacco Henryk Sienkiewicz,
vinse il premio Nobel nel 1905, per il suo romanzo “Quo Vadis”; conosceva molto
bene la storia e l’inesauribile tesoro che si cela nei luoghi di culto e nel
sottosuolo di Roma. Nel corso delle sue numerose visite, lo scrittore polacco
si recava spesso nel Foro romano, con un’opera di Tacito in mano e con molto scrupolo.
Poco prima di iniziare a scrivere Quo vadis, nella primavera del 1893,
soggiornò a lungo all’hotel in via Bocca di Leone. Gli faceva da guida, nelle
sue visite romane, l’amico pittore Henryk Siemiradzki, anch’egli appassionato cultore
della Roma antica. Fu proprio lui a condurlo, in un giorno di quella primavera,
attraverso i segreti dell’Appia Antica. Sienkiewicz rimase colpito da quella
piccola chiesa, al bivio con la via Ardeatina.
Fu proprio lì che, come raccontò parecchi anni dopo, ebbe l’ispirazione per scrivere il grande romanzo storico sulla persecuzione dei cristiani e sulla Roma di Nerone, con il quale vinse il Nobel.
(Fabrizio Falconi - Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma)