L'Arco di Gallieno
ottobre 06, 2021È uno scorcio tra i più segreti
di Roma e scoprirlo è un vero tuffo nel passato, manifestazione di come a Roma
il tempo non fluisca uniformemente in ogni suo angolo: alcuni punti è come se
rimanessero indietro, a inseguire le lancette che altrove procedono incessanti
verso il futuro. Via di San Vito è uno di questi luoghi, incastonato tra le
chiassose via Merulana e via Carlo Alberto, pezzi di una città più torinese che
romana. D’improvviso si spalanca alla vista un monumentale arco di marmo, tutto
decorato con vetuste iscrizioni ed eleganti colpi di scalpello.
La piccola
chiesa di San Vito e Modesto gli fa compagnia almento dal VIII secolo, come a
voler dare sostegno spirituale a un monumento che nasce del tutto pagano e all’insegna
della guerra.
L’arco, infatti, era l’antica porta Esquilina, parte della cinta
muraria estesa a protezione della nascente Roma nel VI secolo a.C. e di cui sono
emersi alcuni resti nei sotterranei della chiesa. Da qui, verso l’esterno, si
protraevano le vie Tuscolana e Prenestina e, verso l’interno, il Clivus
Suburanus, odierna via in Selci, che si snodava nel popolare quartiere della Suburra,
antenato delle moderne borgate ai confini della città. L’arco che vediamo oggi
è un rifacimento del III secolo d.C.
Un tempo era a tre fornici e dedicato all’imperatore
Gallieno, come testimoniano le iscrizioni sull’architrave, una di epoca imperiale,
quasi illeggibile, e un’altra molto ben conservata, dove l’elogio a Gallieno è
mitigato menzionando la superiorità della religiosità. In una nota incisione di
Giuseppe Vasi del 1756, l’arco incornicia i Trofei di Mario, che s’intravedono
alla distanza.
Il suggestivo effetto era apprezzabile ancora nella seconda metà dell’Ottocento, prima della costruzione dei palazzi attorno a piazza Vittorio, come testimonia una bella foto della collezione Parker del 1870. Dell’antico portale non rimane più nulla se non il varco, lo spazio vuoto del monumento.
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(Claudio Colajacomo - I love Roma)
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