La Navicella

settembre 21, 2021

È una piccola scultura a forma di nave romana, sistemata davanti alla chiesa di Santa Maria in Domnica al Celio. Risale al primo secolo d.C., seppure alcuni studiosi sospettino un radicale restauro, da parte di Andrea Sansovino, agli inizi del Cinquecento, che l’avrebbe scolpita ex-novo. Restauro oppure no, la scultura resta un pezzo di grandissimo pregio che non poteva rimanere immune a supposizioni e leggende popolari. Si racconta sia stata rinvenuta durante il pontificato di papa Leone X, nei pressi del Colosseo, anche se non sappiamo a chi appartenesse e neppure perché fu realizzata. La Navicella è finemente scolpita e uno sguardo ravvicinato rivela dettagli curiosi, come la piccola e aggressiva scultura di prua, la linea di galleggiamento e il ponte leggermente più largo della chiglia.


Seguendo gli indizi, scopriamo che nella zona sorgevano i Castra peregrinorum, ovvero caserme per militari di stanza alla periferia dell’impero. Nell’antica Roma era usanza comune porgere sculture o piccoli doni agli dèi per assicurarsi la loro protezione. Erano i cosiddetti ex voto, un’usanza anche oggi molto sentita, che si è perfettamente fusa nella tradizione cattolica. Gli dèi di un tempo sono i santi protettori di oggi. Per i nostri antenati, Iside era la protettrice dei marinai, oggi sostituita da santa Barbara, cui i naviganti affidavano le speranze di buon viaggio e sicuro ritorno.


La Navicella è molto probabilmente un ex voto di questo genere, offerto dai soldati dei Castra peregrinorum prima di affrontare il viaggio che li avrebbe portati in chissà quale provincia dell’impero. Una suggestiva teoria lega la scultura a una divisione speciale di marinai, quelli della flotta di Capo Miseno presso Pozzuoli. A loro era affidato il compito di manovrare il complesso sistema di vele utilizzato per coprire il Colosseo dai raggi solari. Dobbiamo immaginare l’Anfiteatro Flavio coronato da una sequenza di pali verticali e orizzontali, molto simili all’albero e al boma di una barca a vela. I marinai manovrano le funi e si arrampicavano per molti metri per far scorrere la vela lungo i pali orizzontali, fino a coprire l’intero ovale con il velarium, una protezione che molto doveva assomigliare a quella moderna dello stadio Olimpico.

(Foto romanoimpero.com)
Con una mossa di grande coordinazione ed esperienza, i marinai facevano sobbalzare le vele tutte insieme, sbuffando l’aria calda fuori dall’arena, per portare un po’ di refrigerio agli spettatori. Immaginate la Navicella donata a Iside proprio da questi uomini, lontani da casa, chiamati a svolgere le loro mansioni a “bordo” di quell’imbarcazione chiamata Colosseo. Dagli anni Trenta del secolo scorso la Navicella è diventata una fontana e ha cambiato l’orientamento: non naviga più perpendicolare alla chiesa, ma gli scorre elegantemente davanti.



(Claudio Colajacomo - I love Roma)

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