La porta magica

ottobre 28, 2021

I giardini appena rinnovati di Piazza Vittorio, una delle piazze più grandi della città, celano un segreto. Qui, nel Seicento, era aperta campagna e l’area della piazza era occupata dalla monumentale residenza di Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte, uomo ricco e assai colto e come molti, in quel periodo, soprattutto fra le classi privilegiate, appassionato di alchimia ed esoterismo. Faceva parte della cerchia esoterica della regina Cristina di Svezia e nel laboratorio della sua villa all’Esquilino, si cimentava con esperimenti alchemici, soprattutto quelli per la trasformazione del metallo in oro. Alla morte del marchese, dopo aver cambiato varie volte proprietario, la villa venne, infine, demolita.


Se ne salvò solo una porta, che in origine era uno dei suoi ingressi secondari: la cosiddetta porta magica. Si tratta di una fondamentale e unica testimonianza epigrafica di quella scienza sacra e conoscitiva che fu l’alchimia e per scovarla bisogna cercare attentamente nei giardini, accanto a quel rudere chiamato “Trofei di Mario”, che in realtà era il Ninfeo di Alessandro.


È murata, e non conduce da nessuna parte ed è chiamata magica perché il frontone, gli stipiti, la soglia, l’architrave e il gradino sono coperti da enigmatiche iscrizioni in latino e in ebraico, simboli esoterici e simboli zodiacali. Qui la storia si sovrappone e si mescola alla leggenda, che si tramanda ormai da secoli. Sembra che una notte del 1660, un misterioso pellegrino si presentò alla villa, chiedendo di poter utilizzare il laboratorio del marchese per lavorare alla creazione della pietra filosofale e che, prima di sparire all’improvviso, lasciò un manoscritto pieno di complicatissime formule magiche, nonché alcuni grammi di oro purissimo, segno che i suoi esperimenti erano andati a buon fine. Non riuscendo a decifrare quelle formule, il marchese le fece incidere sulla porta, una sorta di testamento per il futuro, nella speranza che qualcuno riuscisse a svelare quel mistero. Ma nessuno riuscì mai ad interpretare correttamente quei simboli e a fabbricare l’oro, che resta ancora privilegio esclusivo di madre natura. Secondo molti, però, è probabile che fu lo stesso marchese a ideare le formule magiche e che, in periodo di Controriforma e Inquisizione, fosse più prudente celare la propria passione dietro la leggenda di un misterioso viandante, o, meglio, dietro una porta, oggi murata. Ai suoi lati, quasi come due guardiani, ci sono due personaggi mostruosi, in pietra, che rappresentano la divinità egizia Bes, protettore delle dimore e dell’infanzia, che nulla hanno a che vedere con la villa originaria, ma aggiunti successivamente, alla fine dell’Ottocento, dopo il loro ritrovamento durante i lavori sul Quirinale e giudicati perfetti per sorvegliare la bizzarra porta.


Al di là dei segreti alchemici e delle formule indecifrabili, sulla porta è inciso anche un messaggio comprensibile a tutti, quasi un’esortazione a non fermarsi, ad essere sempre curiosi e cercare di superare i propri limiti. La frase, palindroma, dice “Si sedes non is”, “se siedi non procedi”, che letta al contrario diventa “Si non sedes is”, “se non siedi, procedi”.

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