L'obelisco di Villa Celimontana

dicembre 08, 2020

Roma, a dispetto di quello che si può pensare, è una delle capitali più verdi d’Europa e del mondo. Le sue ville storiche sono i polmoni verdi della città, sparsi sapientemente sul territorio e sufficientemente ampi per dare respiro al caos cittadino. Villa Pamphilj, Villa Ada, Villa Glori, Villa Sciarra, Villa Borghese, Villa Celimontana e poi i parchi urbani e suburbani, il parco del Celio, quello degli Acquedotti, quello dell’Appia Antica e molti altri ancora. Sono ettari di giardini con alberi di alto fusto e vegetazione arbustifera molto varia nelle specie e nei colori, frequentati assiduamente e in tutte le stagioni.


Tra queste ville ci occupiamo adesso di Villa Celimontana e non tanto per le sue caratteristiche, ma per una storia legata a una curiosa vicenda che si verificò nel corso dei lavori interni al parco. Era stato deciso di ornare il giardino della villa con la sistemazione in uno dei suoi viali di rispetto, quello di sinistra dopo l’ingresso, di un obelisco egizio, dedicato al Sole dal faraone Ramses II, che ha una storia un po’ inquietante. Trasportato da Eliopoli a Roma, fu destinato dapprima a ornamento del tempio di Iside Capitolina, ma in seguito venne dismesso ai piedi della lunga scala dell’Ara Coeli; sdraiato a terra ebbe la funzione di primo scalino, sorte non del tutto esaltante per un granito di quella portata. Quando fu donato dal Senato romano al duca Ciriaco Mattei, che all’epoca era il proprietario della Villa, ebbe la sua destinazione definitiva in un posto più acconcio e con ottima visibilità, proprio dentro i ricchi giardini del duca, correva l’anno 1582.


Durante i lavori di sistemazione di quello che era stato un monolite, ormai ridotto in parti e quelle basali nemmeno originali, le corde di tenuta si spezzarono miseramente e l’obelisco finì in piedi sul suo basamento, ma schiacciò le mani dell’operaio che era intento a pilotare le operazioni e quelle mani, o quel che ne resta, sono ancora lì sotto, imprigionate tra la pietra dell’obelisco e il basamento, mentre l’operaio riuscì ad avere salva la vita con una tempestiva amputazione chirurgica. Dicono gli annali che il duca assicurò all’operaio e alla sua famiglia un cospicuo vitalizio. La vendetta dell’obelisco umiliato dal doversi fare scalino, covato per anni il rancore, si realizzò, dunque, su un malcapitato operaio. La morale della storia è che occorre sempre diffidare e temere le maledizioni dei faraoni, anche se la raccontano come una favola, in parte, molto in parte, a lieto fine. Il duca, in effetti, è stato davvero generoso e munifico.


 

(Rinaldo Gennari – Stravaganze romane)


You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI