La Vescova di Roma

marzo 31, 2020


Se la storia della papessa Giovanna vi è sembrata incredibile, sappiate che a Roma c’è stata anche una vescova la cui esistenza è certa e alla quale è dedicata una splendente cappella, ben altra cosa rispetto all'edicola di via dei Querceti. Proprio nella cappella c'è la testimonianza scritta, oro su oro, di una donna vescovo, anzi episcopa. Ci troviamo poco lontano da via dei Querceti, o dal vicus papissae se preferite, in pizzo all'Esquilino, all'ombra di Santa Maria Maggiore, precisamente nella cappella di San Zenone a Santa Prassede.


Soprannominata anche “Il Giardino dell’Eden” per i mosaici mozzafiato, la cappella fu edificata, per la madre Teodora, da Pasquale I, il papa che nell’822 riedificò la basilica sulla chiesa primitiva costruita nel V secolo, sulla domus privata di Pudente. Qui il senatore accoglieva i cristiani perseguitati, Pietro e Paolo compresi, aiutato dalle figlie Prassede e Pudenziana, che si occupavano di seppellire i martiri e raccoglierne il sangue in un pozzo (il luogo dove si trovava è segnalato da un disco di porfido).


Martirizzate a loro volta, le due patrizie divennero titolari di due chiese vicine, Santa Pudenziana e, come abbiamo detto, Santa Prassede. Per essere precisi: la leggenda non è documentata e le sante sorelle potrebbero essere frutto della fantasia come e più della papessa Giovanna. Ad ogni modo, la fantasia era fondamentale nel IX secolo, un’epoca in cui la Chiesa aveva bisogno di affermare il proprio potere dimostrando la sua autorità. Così papa Pasquale I non badò a spese per decorare la basilica di Santa Prassede (scintillanti i mosaici del catino absidale), facendo traslare dalle catacombe un numero impressionante di memorabilia di martiri e santi del primo cristianesimo, con il preciso intento di trasformarla in un luogo simbolico dall'alto valore spirituale (per i fedeli) e dimostrativo (per tutti gli altri).


Ma siamo qui per parlare del potere di una donna, Teodora che, caso unico nella storia della Chiesa di Roma, vanta il nome di vescova. Qui non c’entrano leggende, né favole, perché il titolo Teodora ce l’ha scritto in fronte, o meglio intorno alla testa adornata – oltre che dall'aureola quadrata che testimoniava il suo essere in vita al momento della raffigurazione – dalla scritta Theodora Episcopa, femminile di vescovo appunto. E questo è un documento.


Ma non risulta che una donna abbia mai avuto accesso alle alte cariche ecclesiastiche, né sia mai diventata vescovo… e allora? Nonostante nei secoli successivi, per via di questa scritta, Teodora sia stata trasformata in un simbolo della lotta femminista, portabandiera di un’apertura della carriera ecclesiastica alle donne, di fatto fu vescova solo in quanto madre del papa, ovvero del vescovo di Roma, così come nella chiesa ortodossa si definiscono presbytera e diaconissa le mogli di preti e diaconi. Non si trattava di un titolo effettivo, quindi, ma simbolico, come quello di Augusta per le imperatrici romane. Ma come molte Auguste imperatrici ebbero spesso un ruolo di primo piano, anche Teodora fu probabilmente molto presente al fianco del figlio come consigliera, influenzandone la politica. Non sapremo mai quanto importante sia stata la sua influenza, perché la storia non ce lo racconta, ma l’arte ci suggerisce qualcosa: la cappella è uno scrigno prezioso reso ancora più affascinante dalle piccole dimensioni, la decorazione musiva è un tripudio mistico di tessere vitree, abbagliante per i materiali preziosi usati (oro e zaffiro come se piovesse), un trionfo di luce, senza dubbio uno dei più importanti esempi di arte bizantina a Roma.


In questo Giardino del Paradiso, in mezzo a Gesù, alla Madonna, alle fantomatiche sorelle Prassede e Pudenziana e altri santi, c’è lei, Teodora che esibisce con fierezza il suo titolo di episcopa, alla faccia di tutti, davanti agli occhi estasiati dei visitatori, per l’eternità. La storia fu più inclemente con il figlio Pasquale: per oscure ragioni politiche gli fu interdetta la sepoltura a San Pietro a San Pietro, forse fu sepolto a Santa Prassede, ma delle sue spoglie non c’è traccia. A volte conviene essere “mamma di” piuttosto che “figlio di”. In tempi in cui è di moda parlare di sindaca, ministra, avvocata, come se volgere una parola al femminile bastasse a sovvertire le gerarchie, conviene ricordare che a Roma c’è stata una papessa e pure una vescova.


(Giulia Fiore Coltellacci - I luoghi e le storie più strane di Roma)

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