Clivo di Rocca Savella

gennaio 21, 2020


Esiste una via nascosta, senza case o numeri civici, non è transitabile, è difficile capitarci per caso, bisogna andarci di proposito. Ha un’attrattiva speciale, quasi medievale ma, per la sua essenzialità, potrebbe essere collocata in qualsiasi periodo storico. Il tempo si prende gioco di noi e si diverte a nascondere la sua natura e il suo fluire. La si raggiunge seguendo il tratto di lungotevere che collega il Foro Boario con Testaccio, poco dopo aver superato la chiesa di Santa Maria in Cosmedin. Quando arrivate al grande fontanone,


un tempo collocato davanti al tempio di Ercole vincitore e utilizzato come abbeveratoio per gli animali, dovrete attraversare e prendere la viuzza che vi trovate davanti, salendo qualche gradino.


Siamo arrivati al Clivio di Rocca Savella ed eccoci proiettati in un tempo non presente. La strada è pavimentata da sampietrini che, complice l’assenza di traffico, sono contornati da ciuffi d’erba. Ai lati alte pareti, in fondo alla salita, il muro di cinta in mattoni del giardino degli Aranci, con una porta bordata di marmo. Tutto intorno alberi altissimi e vegetazione rigogliosa.
  

La salita invita a un passo rallentato, che dà modo, anche al visitatore più frettoloso, di assaporare con calma la bellezza del posto. Arrivati in cima, vale la pena guardare la via dall'alto, perché vi troverete di fronte un’altra prospettiva. La strada continua sulla sinistra, incanalata tra il muro e i cespugli fino a una cancellata. Fermiamoci e guardiamoci attorno.


Il rumore della città si sente appena, l’atmosfera è statica, rallentata. Alcuni storici concordano nel collocare, proprio su questa via, una delle porte della cinta muraria di Servio Tullio, del IV secolo a.C., la porta Trigemina, a controllo del colle Aventino e della via Ostiense, probabilmente sistemata a mezza costa sulle pendici del colle, sia per motivi difensivi, sia per protezione dalle inondazioni del Tevere che, in questo punto, erano frequentissime. Il nome deriva, verosimilmente, dalla struttura in tre archi distinti, anche se gli storici non concordano se si tratti di archi paralleli o uno di seguito all'altro. Alla fine del percorso si arriva in via di Santa Sabina, costeggiando il Giardino degli Aranci, che ha la sua entrata in Piazza Pietro d'Illiria, accanto alla famosa fontana, ricostruita nel 1936, a cura di Antonio Munoz, che unì un'elegante vasca termale romana di granito egizio e il mascherone, realizzato su disegno di Giacomo Della Porta, originariamente situato a Campo Vaccino, trasferito poi al centro della terrazza sovrastante il porto Leonino, a decorare una modesta fontana-sarcofago. Quando furono realizzati i muraglioni, il mascherone fu smontato e trasferito nei depositi comunali, fino al 1936, quando, appunto, venne definitivamente posto nella sistemazione attuale.


Impossibile non entrare e gustarsi lo spettacolo di una città maestosa, ansiosa di farsi ammirare.



(Claudio Colaiacomo - Roma perduta e dimenticata)
(Romasegreta.it)
(Ilaria Beltramme - 101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita)

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