Pio IX, l'ultimo Papa Re

gennaio 25, 2021

 

Nella vita tutto dipende da come si vede il bicchiere, se mezzo vuoto o mezzo pieno. La vita di Giovanni Maria Mastai Ferretti è stata costellata di episodi drammatici, tutti o quasi, finiti bene. A cinque anni cadde in un ruscello, battendo violentemente la testa, il forte trauma riportato gli causò, in gioventù, alcuni accessi epilettici che, tra l’altro, lo fecero dimettere dalla Guardia Nobile Pontificia in cui era da poco stato ammesso. Per consolarlo san Vincenzo Pallotti profetizzò la sua salita sul soglio di Pietro. Come se non bastasse andò in pellegrinaggio a Loreto, dove incontrò Pio VII e guarì anche dalla sua malattia. Diventato poco più che trentenne arcivescovo di Spoleto, ecco che la città fu colpita da un terremoto. A 54 anni, secondo le “previsioni” divenne papa, inaugurando il pontificato più lungo dopo quello di Pietro, ma anche l’ultimo di un papa re.


Fuggì da Roma nascosto sotto i panni di semplice sacerdote, durante la breve Repubblica Romana e vi rientrò trionfante, il 12 aprile 1850. Cinque anni dopo, nell’anniversario di tale evento, mentre si trovava nella canonica della chiesa di Sant’Agnese, sulla via Nomentana, insieme ad altre 150 persone, tra alti prelati e alunni della Propaganda Fide, ammessi alla cerimonia del bacio del piede, il pavimento crollò. Il pontefice ne uscì indenne, senza neanche un graffio o uno strappo alla veste (come ebbe poi a testimoniare lui stesso), così come gli astanti, tra i quali vi furono solo feriti lievi. Il Giornale di Roma il giorno seguente affermò che “il caso fu spaventevole, grande e terribile il pericolo”, insomma, un miracolo di cui a lungo si parlò come della “caduta di Sant’Agnese”. L’anno seguente il pontefice donò alla chiesa i marmi avanzati dalla ristrutturazione della Basilica di San Paolo fuori le Mura, distrutta da un incendio nel luglio 1823 (da lui consacrata solennemente il 10 dicembre dell’anno precedente). Pio IX volle ringraziare anche sant’Agnese e sant’Alessandro (presso il cui oratorio si era recato la mattina della “caduta”), facendo apporre le statue dei santi sulla facciata esterna di Porta Pia.


Proprio davanti a quelle statue sfileranno i bersaglieri il 20 settembre 1870 per mettere fine al potere temporale del pontefice. Si dice che poco prima dell’assalto, il pontefice avesse dichiarato che, seppure non fosse un profeta, era certo che i piemontesi non sarebbero mai riusciti a prendere Roma. Questa sua previsione fu fortunatamente smentita, ma sembra che il re ebbe a pagarla a caro prezzo. Si racconta, infatti che, lasciando il Quirinale, il papa abbia lanciato il suo anatema sui suoi futuri occupanti e, guarda caso, Vittorio Emanuele morì proprio al Quirinale, Umberto I fu assassinato e Vittorio Emanuele III finì in esilio. A Pio IX si deve la realizzazione delle prime ferrovie romane: nel 1856 fu inaugurata la linea "Pio Latina" da Roma a Frascati, nel 1859 la "Pio Centrale" Roma - Civitavecchia e nel 1862 la Roma - Velletri - Ceprano.  Per sfrecciare sulle nuove vie di ferro fu regalato al pontefice niente meno che un treno, un treno privato, una specie di Air Force One a vapore!


I tre vagoni furono realizzati da una ditta francese e, imbarcati a Marsiglia, arrivarono a Ripa Grande risalendo il Tevere. Comprendevano un vagone con balconata per le benedizioni, un vagone con il trono, e un ultimo con cappelletta consacrata.


Iniziarono a mordere i binari il 3 luglio del 1859, quando il papa si recò da Porta Maggiore a Cecchina e, dopo il 1870, finirono al loro corsa a Termini, dove alcuni dei lussuosi arredi furono trafugati. Ne uscirono di nuovo per il cinquantesimo Anniversario dell’Unità d’Italia, per la straordinaria mostra di Castel Sant’Angelo, finirono poi al Museo di Roma a via dei Cerchi e da lì, con uno spettacolare trasloco che trovate documentato dall’Istituto Luce, a palazzo Braschi.


Oggi i vagoni, con i loro stucchi, i rasi e i soffitti dipinti, sono nuovamente visibili, insieme alla grande piastra con stemma pontificio che decorava un tempo la locomotiva, alla Centrale Montemartini, luogo perfetto per ospitare questo simbolo di una Roma che si avviava verso la modernità.


Proprio contro quella modernità, e tutto ciò che portava con sé, in termini di idee e nuove dottrine, Pio IX scrisse il famoso Sillabo. Insomma, Pio IX fu un papa costantemente in bilico fra passato e futuro, a cui molto si riconosce (Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato) e a cui molto si rimprovera, non solo per quanto riguarda il suo ruolo nelle lotte per l’Unità d’Italia. Su tutti soprattutto tre fatti pesarono maggiormente: il caso Mortara (trasformato semplicisticamente dai giornali dell’epoca nel “caso del bambino ebreo rapito dal papa”), le stragi di Perugia (durante le quali le truppe inviate dal pontefice si accanirono sulla popolazione civile, fatto che colpì l’opinione pubblica internazionale e fece scrivere a Carducci: “…Capitano dà Cristo al reo drappello; Cristo di libertade insegnatore; Cristo che a Pietro fe’ ripor la spada, che uccidere non vuol, perdona e muore”),


la sconsacrazione di don Bozzoli, martire di Belfiore (cui vennero addirittura raschiati dai suoi aguzzini i polpastrelli che avevano tenuto l’ostia consacrata). Una figura difficile da rendere in poche righe, come difficile fu l’epoca in cui si mosse, con tutte le sue tensioni e le sue contraddizioni. Ci fu anche chi, durante la traslazione notturna del corpo del pontefice nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura, cercò di impadronirsi del corpo del papa del Concilio Vaticano, per gettarlo nel Tevere. La salma arrivò però a destinazione, ma dopo i bombardamenti di San Lorenzo ci si avvide che la tomba era vuota. Il cadavere era stato infatti spostato altrove, per evitare ulteriori tentativi di far finire nel fiume le spoglie. Quattro anni dopo, un parente di un cardinale, che era a conoscenza del nascondimento, trovò precise informazioni sul nascondiglio e la salma fu ritrovata e, dopo l’esposizione legata alla beatificazione, ora finalmente riposa al suo posto.


Di certo Pio IX, ha un merito agli occhi di tutti gli archeologi, l’istituzione il 6 gennaio 1852 della (poi Pontificia) Commissione di archeologia sacra, su proposta di Giovanni Battista de Rossi, che in quegli anni si stava dedicando allo scavo del complesso catacombale di San Callisto, da lui identificato. A poca distanza da lì, sempre per volere del papa, Luigi Canina rimetteva la corona alla Regina Viarum, mediante la realizzazione del primo museo archeologico all’aperto. Ecco, il bicchiere c'è, a voi decidere se è mezzo vuoto o mezzo pieno.

(Flavia Calisti - La storia di Roma in 100 luoghi memorabili)


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