L'Ospedale delle bambole

febbraio 21, 2020


Andando a caccia di curiosità lungo via di Ripetta mi sono imbattuta per caso in un luogo davvero unico nel suo genere. La passeggiata esplorativa era appena cominciata, quando una vecchia vetrina di legno consumata dal tempo attira la mia attenzione. Non vi è insegna. Allora sbircio e decido di entrare. La scena che mi si presenta è la seguente: centinaia, anzi migliaia di oggetti ricoprono senza alcun ordine ogni superficie disponibile di un piccolo ambiente che non arriverà neanche a 15 mq; si tratta di vasi, vasetti, maioliche, statuine di porcellana, avorio e ancora oggetti di cera, gesso, marmo e tante, tante bambole: monche, decapitate, sane, impolverate.


Ce n’è per tutti i gusti e pendono anche dal soffitto. Penso di trovarmi sul set abbandonato di un vecchio film horror se non fosse che nei pochi spazi ancora liberi trovano posto anche due persone in carne e ossa, intente a lavorare davanti ai loro piccoli banchi, sepolti anch'essi da ogni tipo di aggeggio. La prima è un uomo sulla quarantina concentrato su un fossile di pesce di almeno un metro e mezzo, poggiato sulle gambe; la seconda è una signora sui settanta che spennella una bella statuita in gesso anni Venti che richiama i modelli pubblicitari di una volta.
 

Sono rispettivamente Federico e sua madre Gelsy e la loro è la bottega Squatriti, esperta da più di sessanta anni in restauri artistici. Sono di una cordialità rara e la passione e l’amore che nutrono per quel lavoro traspare da subito. La prima cosa che mi viene in mente è di chiedergli il perché di tanta roba ammassata. “Abbiamo tra i mille e millecinquecento clienti l’anno”, mi racconta Federico “ed è statisticamente provato che il 4-5% degli oggetti portati a riparare, che siano più o meno di valore, venga dimenticato e resti qui in attesa di essere ritirato.


A noi non dispiace, fanno colore. L’altro giorno ha chiamato un signore per venire a riprendere una bambolina che ci aveva lasciato quattro anni fa; anzi, neanche troppo tempo è passato!” Del resto per lor quattro anni non sono niente. Stanno in via di Ripetta dal lontano 1954 quando Concetta, la nonna di Federico, aprì i battenti di questo singolare laboratorio restaurando esclusivamente vasi di scavo e maioliche. Poi l’attività passo al figlio Mario che insieme a Gelsy, sua moglie, introdusse anche il restauro di ventagli e bambole. Fu lui che tenne a scuola una nutrita schiera di restauratori, tra cui Federico stesso, che poi si sono aperti i loro negozi per Roma. “In quel periodo” mi dicono sorridendo, “arrivarono a lavorare lì dentro in nove, ma c’era anche più spazio perché gli oggetti, una volta restaurati, venivano riconsegnati a domicilio”. Se dunque abbiamo qualcosa di rotto, che sia una tazzina o un fossile del Pleistocene, un micromosaico dell’Ottocento o una statuina del presepe, questo è l’indirizzo giusto dove andare. Anche se la vera specialità della bottega Squatriti, per la quale scopro essere famosa in tutto il mondo, è la riparazione delle bambole d’epoca, oggetti di culto per tanti collezionisti che girano mercanti e fiere alla ricerca di pezzi rari e originali che spesso trovano in condizioni disastrose. Non sono solo loro, però, a portar qui le bambole da tutta Italia e dall'estero, ma anche tante signore e bambine che non vogliono dire addio al loro giocattolo preferito. Sotto le attente mani di Federico e Gelsy Squatriti tornano spesso come nuove e se proprio non c’è niente da fare (e il valore commerciale della bambola è ormai pressoché nullo), i due offrono ai clienti una curiosa consolazione: “invece del cassonetto dell’immondizia, si può sempre metterla in vetrina insieme alle altre”. 


”Quale vetrina?”, domando. “Quella che si affaccia su via del Vantaggio e che per molti è la vetrina degli orrori. Non l’avevo vista arrivando e in effetti è decisamente inquietante: svariate teste di bambolotti decapitati con gli occhi che strabuzzano. I passanti spesso si fermano a fotografarla. “ma così”, mi spiega Gelsy, “facciamo felici tante persone, il più delle volte sono proprio loro a chiedercelo”.


(Gabriella Serio – Curiosità e segreti di Roma)
(Foto di Carlo Pezzi)

You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI

ARCHIVIO