Il Triangolo Barberini

dicembre 02, 2021

È davvero sorprendente poter ammirare dall’alto questo particolarissimo edificio, grazie alle riprese fatte con il drone da @gianmarcopalazzo (visitate anche la sua bellissima pagina Ig @valsoiapg). Siamo nel territorio di Palestrina (l’antica Praeneste per i romani) ad una quarantina di chilometri da Roma, e l’edificio in questione è il cosiddetto “Triangolo”, ovvero Casino Barberini. Il perché del nome è facile da intuire: la sua originalissima forma triangolare, che ha dato adito a non poche leggende e dicerie sul suo conto. Durante la Seconda guerra mondiale, sono andati distrutti alcuni documenti inerenti al manufatto e non è certo l’anno della sua costruzione, che comunque si data intorno alla metà del XVII sec., ad opera, probabilmente, dell’arch. Giovan Battista Contini, l’architetto “economico” della famiglia Barberini, (che non poteva sempre rivolgersi ai più costosi Bernini o Borromini). L’idea dello strano fabbricato è attribuita al principe Maffeo Barberini e la data di costruzione potrebbe coincidere con il 1653, anno delle nozze del principe con Olimpia Giustiniani, come ci indica lo stemma araldico sul portale d’ingresso comprendente la “torre” Giustiniani e le “api” Barberini (purtroppo una copia dopo che l’originale fu trafugato).


Come già detto, la mancanza di documenti su questo edificio, non ci assicura neanche sulla sua destinazione: forse un casino di caccia, una dimora per riposare o, semplicemente, un richiamo allo stemma Barberini (le tre api ai vertici di un triangolo). La pianta del Casino è rappresentata da un triangolo equilatero di circa 20 metri di lato, che si sviluppa per tre livelli di altezza, più un piano interrato, ove erano sistemate le cucine. Di fronte al Casino troviamo i Casali, composti da un edificio centrale e due laterali, di cui uno è una chiesetta dedicata a San Filippo Neri e l’altro un magazzino. I tre edifici sono collegati fra loro da muri che formano due cortili interni. Tornando al nostro Triangolo, ogni livello, a pianta triangolare, ospita un vano centrale esagonale e tre piccoli ambienti triangolari. La loro forma la capiamo perfettamente guardando l’altana, che sembra “sbucare fuori” dal tetto dell’ultimo livello, e come divide la terrazza in tre piccole terrazze triangolari. Su due spigoli di queste terrazze troviamo due statue di guardiani, cariatidi, inquietanti figure mezzi uomini e mezzi esseri mitologici, che sembrano a difesa simbolica dell’edificio. L’ultimo tratto della scala che raccorda i vari piani, si trasforma in chiocciola per salire sul tetto dell’altana, dove troviamo, anche qui, altre due statue “gendarmi”. Quattro statue in totale che guardano in direzioni opposte come a voler garantire la totale sorveglianza su tutti i lati del palazzo.


Purtroppo, il pessimo stato di conservazione non ha preservato l’arredamento interno, non più presente, e anche gli affreschi e stucchi sono terribilmente compromessi. Molto particolare è la sensazione che si ha a seconda del punto di vista dal quale osserviamo l’edificio: se lo guardiamo perpendicolarmente alla facciata ci sembrerà una solenne villa di campagna, ma se ci spostiamo un po’ più là potrebbe benissimo essere un casino di caccia o addirittura anche un piccolo fortilizio, sembra quasi che la volontà dell’architetto sia stata proprio quella di non farci capire di fronte a quale tipologia di edifico ci trovassimo. Perché il Contini avrà voluto realizzare una pianta così bizzarra per questo Palazzo? Due sono le ipotesi: la prima tende alla celebrazione dei suoi committenti. I due triangoli, come anche per Sant’Ivo alla Sapienza, richiamano l’ape dei Barberini, che si slancia verso l’alto nella torre dei Giustiniani. Un’esaltazione del matrimonio tra Maffeo e Olimpia. La seconda è legata alla passione di Maffeo per l’Alchimia, scienza che nel Seicento destava l’interesse di molti, basti pensare al marchese Palombara e alla sua Porta Magica, o alla regina Cristina di Svezia e la sua scuola di alchimia in via della Lungara. Il triangolo esprime sia l’ideale della Divinità, dunque simbolo della Trinità, sia l’idea dell’Ascesi dell’uomo verso la trascendenza divina. Nei secoli l’aspetto inquietante dell’edificio ha alimentato ogni sorta di leggende e superstizioni rendendolo ancora più affascinante. Chi dice di aver visto l’altana ruotare in senso antiorario, chi ha visto muoversi i gendarmi di guardia, chi ha avvertivo delle “presenze”, chi ha udito rumori sinistri, cigolli, chi è stato inseguito da qualcosa o da qualcuno, e infine, pare, che si avvertano anche strani odori. Certamente l’architetto ha voluto stupire, e probabilmente giocare con il simbolismo applicandolo ad un contesto bucolico piuttosto isolato, e quindi ancora più inquietante e misterioso.



Foto e filmato Gianmarco Palazzo (su Fb) o Valsoiapg (su Ig)

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