La Monnezza a Roma

agosto 01, 2021


Fino alla metà del XIX secolo, le strade di Roma erano un vero e sudicissimo letamaio. Di solito i rifiuti venivano tirati direttamente in strada dalle finestre, e non erano solo bucce, frutta marcia e pane secco, c’era di peggio. Uno strato alto quindici centimetri di fango, sterco e polvere ricopriva a tappeto il suolo pubblico. La pulizia si faceva solamente ogni otto giorni, ed erano i galeotti ad occuparsene, condotti per i vecchi rioni alle prime ore dell’alba col piede stretto tra le catene. C’erano poi dei punti, angoli o rientranze nei muri dei caseggiati, che ben si prestavano allo scarico abusivo, e lì si andava formando il cosiddetto “mondezzaio”, con i rifiuti che imputridivano al sole e si inzuppavano sotto le piogge, che attiravano frotte di cani e gatti famelici e che, soprattutto, sprigionavano un terribile fetore. Con la figura del Monsignore delle Strade, si indicava un magistrato della curia romana che disponeva di personale copioso, come scopatori e carrettieri, per provvedere alla pulizia delle vie, ma anche di soldati per far rispettare le leggi, ed era un’autorità, visto che ci si riferisce a lui con l’appellativo “illustrissimo”. Gli editti erano scolpiti su targhe di marmo, murate sulle pareti degli edifici (di solito presso i palazzi nobili o istituti religiosi), e avevano previsioni rigorose e inequivocabili, promettevano pene severe e mantenevano le promesse. Il testo non era sempre uguale e anche le punizioni previste potevano variare: da una multa in denaro, che variava dai dieci ai venticinque scudi d’oro, alla cattura personale o alla carcerazione, fino alle pene corporali come i “tratti di corda”. 


Era questo un efferato supplizio comunemente adottato dalla giustizia papalina, che consisteva nel legare i polsi del condannato con una carrucola, per poi strattonarlo un certo numero di volte, provocandone talora la lussazione delle spalle. Tutto ciò avveniva in pubblico, in modo che fosse un monito per tutti. Si colpiva tanto il mandante, che l’esecutore materiale, il quale di solito era un servo, al quale era riservato il “trattamento” corporale, mentre al padrone la multa. Fu escogitata, anche, una particolare norma per convincere i cittadini a denunciare gli imperterriti sporcaccioni, secondo la quale, una parte della multa pagata dall'accusato veniva data all'accusatore, che poteva contare sulla riservatezza, poiché il suo nome, non sarebbe stato svelato. Eppure niente: alla faccia di editti, lapidi e monsignori illustrissimi, molti romani continuarono a gettare immondizie dove capitava, tramandando l’atavico malcostume nel tempo, con zelo, fede e costanza.



(Gabriella Serio - Curiosità e segreti di Roma)
(Rinaldo Gennari - Stravaganze romane)


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