Rugantino e Cassandrino
febbraio 10, 2020Gaetano Sant'Angelo, detto
Ghetanaccio, era il più popolare dei burattinai ambulanti di Roma durante
l’Ottocento. Era in qualche modo l’antenato del teatrino dei burattini del
Gianicolo, davanti al quale sono passate intere generazioni. Tra le maschere
che davano vita agli spettacoli di Ghetanaccio, un posto privilegiato era
riservato a Rugantino e Cassandrino, figure del popolo con uno spiccato
carattere sbruffone e cautamente anticlericale. In romanesco la parola "ruganza" è un modo di definire l’arroganza. È proprio da questa parola che Rugantino
prende il nome. Bullo trasteverino che ha molto del suo predecessore MeoPatacca, è un attaccabrighe, ma bonario, una sorta di brigante del popolo.
Cassandrino, invece, è un personaggio sì umile, ma con origini nobili, un padre
di famiglia, buono e credulone, al punto di essere costantemente raggirato
dalle sue figlie e dalla gente che incontra. L’accostamento delle origini
nobiliari, con un carattere ottuso, non è casuale e rappresentava bene le
maldicenze che il popolo riservava per le caste sociali più elevate. Il suo
linguaggio, rigorosamente romanesco, è ricchissimo di riferimenti dispregiativi
al potere della Chiesa, espressi però in una sorta di codice, per evitare la
censura papalina. Ad esempio, Cassandrino era solito lamentarsi del suo asino
che, a differenza di tutti gli altri, si ostinava ad andare all'indietro: un
riferimento al governo del papa, radicato a vecchi schemi proiettati più al
passato che al futuro. Oppure, l'eloquente SPQR nel codice di Cassandrino
significava “Solo Preti Qui Regneno”. Non a caso i tratti del carattere
romanesco, che hanno attraversato i secoli fino ai giorni nostri, hanno la loro
origine o metamorfosi anche in questi personaggi, quasi a formare un “continuum”
di cultura popolare. È come se Cassandrino incarnasse la satira di Pasquino,
mentre Rugantino simboleggia il carattere di Meo Patacca e la bonarietà che
ritroviamo nel Sor Capanna. Il Marchese del Grillo riprende l’arroganza del
Conte Tacchia e cosi via, come puntini sparsi apparentemente a caso che, se
uniti, formano un grande disegno. Un disegno che raffigura il carattere romano.
(Claudio Colajacomo – I love
Roma)
0 commenti