Er Sor Capanna
novembre 19, 2019
Un posto d’onore, tra i personaggi
tipici della vecchia Roma, spetta certamente al cantastorie Pietro Capanna,
conosciuto da tutti come Er Sor Capanna: uomo paffuto con grandi occhiali,
spessi come fondi di bottiglia. Nasce tra il popolo più verace e i vicoli polverosi
di Trastevere. Il padre era un “pastarellaro” di via del Moro e la mamma
lavorava presso la manifattura dei tabacchi di piazza Mastai. Pietro faceva il
macellaio, ma a causa di una grave congiuntivite perse quasi del tutto la vista
e dovette smettere di lavorare al mercato. Non si perse d’animo e in poco tempo
diede sfogo all'arte di arrangiarsi, inventando dal nulla quello che diventerà
uno dei personaggi più noti di Roma: il cantastorie Sor Capanna. Girava le
strade della città cantando e improvvisando brevi strofe e stornelli, con una
sagacia e un sarcasmo formidabili. Spargeva allegria tra i vicoli, sempre con la
battuta e la risata pronta, anche quando la vita gli remava contro. Il giorno
che morì la figlia più piccola, Lucietta, dovette continuare a lavorare per
racimolare qualche soldo per il funerale. Si racconta che prese la chitarra e
prima di iniziare, con un allegro stornello, disse: “Cor core che me piagne,
me tocca a fa’ ride la ggente, pe’ faje lo straporto”. Ebbe il suo momento
di gloria quando Ettore Petrolini lo presentò sul palco della Sala Umberto, dichiarando apertamente la stima che nutriva nei suoi confronti. In questo modo
guadagnò tantissima notorietà e anche qualche soldo, ma continuò ad essere cantastorie
da strada. Mori giovane, a cinquantasei anni, ma lasciò una forte impronta,
capace di influenzare molti artisti, poeti e cantanti che seguirono il suo
esempio fino ad oggi.
(Claudio Colaiacomo - I love Roma)
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