La Piramide Cestia

gennaio 12, 2020


Di tombe a forma di piramide, almeno a Roma, ne è rimasta una sola: quella a Porta S. Paolo. A volerla dire tutta, a S. Maria del Popolo, nella cappella Chigi, c’è un monumento funebre in forma piramidale disegnato nientemeno che da Raffaello, ma una vera e propria piramide, a base quadrata, alta 35 metri, a far da tomba-mausoleo, c’è rimasta solo quella di Caio Cestio Epulone. Potrebbe trattarsi dunque della tomba del pretore che fece costruire il ponte Cestio, quello che collega l’isola Tiberina alla sponde del Tevere di parte vaticana. Con la sua posizione sembra interrompa la continuità delle vicine Mura Aureliane e si ritrova, oggi, ad essere quasi inglobata in una delle sue particolarissime porte, la Porta Ostiense, di tipo a castello, con coronamento merlato e caratterizzata dalla doppia porta, qui ben identificabile, che esalta in modo strategico le funzioni difensive del varco di accesso. Sembra che dopo la conquista dell’Egitto, avvenuta trent'anni prima della nascita di Cristo, i romani prendessero gusto alle mode egizie, innamorandosi, in particolare, degli obelischi e degli animali di quelle zone, per utilizzarli negli spettacoli. Le piramidi-tomba, indubbiamente, ebbero minor successo. La piramide Cestia fu costruita tra il 18 e il 12 a.C. e, secondo i classici canoni romani, è rivestita di marmo, peraltro in grandi lastre, senza risparmiare nessuna faccia, ed è posta su uno dei vertici del vicino cimitero acattolico che conserva le spoglie di personaggi davvero illustri, come i poeti inglese John Keats e Percy Shelley, ma anche gli italianissimi Carlo Emilio Gadda e Antonio Gramsci, che pure era battezzato cattolico, a conferma che qualche eccezione alla riserva di sepoltura per stranieri e non cattolici la si è fatta, magari trovando giustificazioni ardite.


Una curiosità si riscontra proprio sulla tomba di Antonio Gramsci, nato ad Ales, in provincia di Oristano e che fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano. L’iscrizione sulla lapide indica si tratta delle “cinera Antonii Gramscii”, ma meglio avrebbe detto in latino “cineres”. In questo cimitero si trova uno dei monumenti funebri più noto al mondo, adottato e replicato in molti luoghi proprio per la tenerezza che suscita ed è quello dello scultore americano William Wetmore Story, che raffigura un angelo disteso su un sepolcro, abbandonato a un abbraccio disperato.


L’Angelo del Dolore, come viene chiamato, era stato realizzato dallo scultore per la propria moglie e il caso ha voluto che morisse appena dopo aver terminato l’opera, che ora li accoglie entrambi. La delicatezza dell’immagine comunica smarrimento e pace al tempo stesso. Se nel cimitero ci sono protestanti, ebrei, ortodossi, ciò è dovuto al fatto che al tempo del Papa Re, ma anche prima, i non cristiani non potevano essere seppelliti in terra consacrata e così molti di loro finirono qui. Per tornare alla piramide, oggi la si ammira da media altezza e dietro una balaustra di rispetto che consente di compensare il dislivello tra il piano attuale di calpestio e quello originario della base della piramide, ben più basso. All'esterno del mausoleo sembra ci fossero due statue in bronzo di Caio Cestio, andate perdute come del resto le sue ceneri. Da segnalare che sulla piramide una lunga iscrizione ci ha aiutato a identificare il nome del proprietario di questo originale sepolcro e tutti i suoi titoli di merito, mentre una curiosa informazione è legata alle disposizioni testamentarie del defunto, che si è così consegnato alla storia come un uomo davvero originale, soprattutto post mortem. La scritta attesta che la piramide fu costruita, per volontà testamentaria dell’interessato, in soli 330 giorni, pena, per gli eredi, la perdita della ricca eredità. Aveva le idee chiare, ma anche gli eredi, visto che la terminarono, addirittura, con qualche giorno di anticipo!

(Rinaldo Gennari - Stravaganze romane)

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