Gli Obelischi a Roma

novembre 18, 2020

Roma è la città con il maggior numero di obelischi, ben tredici solo quelli antichi. Quasi tutti provengono dall’Egitto e furono portati a Roma dagli imperatori, generalmente per ornare circhi e arene. Una volta giunti nella Città Eterna, i grandi monoliti persero l’originale significato religioso (ignorando del tutto le iscrizioni dedicate al Sole e ai faraoni, tanto chi li capiva i geroglifici?) per mantenere solo quello celebrativo diventando simbolo di potere e vittoria. A partire dal Cinquecento furono i papi a “riutilizzarli” per abbellire le piazze più importanti della città, dopo averli debitamente “santificati” trasformandoli in una sorta di dito puntato contro il cielo, un ammonimento che ricordasse chi comandava a Roma: non i faraoni, non gli imperatori, ma qualcuno più in alto, rappresentato sulla terra dal pontefice. Il primo obelisco a essere stato “riciclato” con stile è quello del Vaticano, che campeggia al centro di piazza San Pietro.


Fu Caligola nel 37 d.C. a farlo portare a Roma da Eliopoli per ornare il suo circo. Vista l’imponente mole dell’obelisco, 25 metri circa di granito rosso, per trasportarlo venne costruito un apposito barcone di 400 tonnellate. Il monolito divenne uno dei monumenti più noti, anche per via della credenza che nella sfera di bronzo, sistemata sulla cima, poi rimossa e oggi ai Musei capitolini, fossero conservate le ceneri di Giulio Cesare. Praticamente sempre eretto, impresa altrettanto memorabile, faraonica è il caso di dire, fu lo spostamento nell’attuale collocazione, per volere di Sisto V, alla fine del Cinquecento, proprio durante la costruzione della nuova basilica di San Pietro. Vera e propria impresa d’ingegneria ,ideata da Domenico Fontana, per centinaia di cavalli e circa quattro mesi, per alzarlo al centro della piazza nel 1586 (un affresco nella Biblioteca vaticana rievoca il sommo sforzo).


L’obelisco Vaticano è il secondo più alto di Roma e l’emblema bronzeo sulla sommità contiene un frammento della Vera Croce. Sempre Sisto V fece collocare, nel 1587, davanti all’abside di Santa Maria Maggiore, un altro obelisco, l’Esquilino. Non fu casuale la scelta di innalzarlo sul retro della basilica, che, detto per inciso, è bello quanto la facciata. L’obelisco, infatti, aveva il preciso compito di segnare il fuoco prospettico verso la chiesa della nuova via Sistina. Alto 14,75 metri e privo di geroglifici, si tratta di una copia romana, ritrovata in pezzi accanto alle rovine del Mausoleo di Augusto nel Cinquecento.


Insieme all’obelisco che si trova al Quirinale, ornava l’ingresso del monumentale sepolcro dell’imperatore. Nel 1588, per il terzo anno di fila, Sisto V sistema un altro obelisco, questa volta a San Giovanni in Laterano. Di granito rosso e ricoperto di geroglifici, con i suoi 32 metri,il Lateranense è il più alto ancora in piedi, nonché il più antico. Risalente all’epoca di Tutmosi III (XV sec. a.C.), fu portato a Roma da Costanzo II, uno dei figli di Costantino, con una nave speciale costruita apposta per consentirne il trasporto. Una volta a Roma, fu collocato al centro del Circo Massimo, da dove lo fece disseppellire, secoli dopo, Sisto V per “piazzarlo” a San Giovanni.


L’anno seguente, nel 1589, il papa sistemò al centro di piazza del Popolo il suo ultimo obelisco, il Flaminio: alto 24 metri, è il secondo più antico della città, nonché il primo a esservi stato trasportato. Fu portato a Roma da Augusto, in seguito alla sua vittoria su Marco Antonio e Cleopatra, e venne collocato al Circo Massimo, dove rimase, accanto al Lateranense, fino alla fine del Cinquecento. Una pluralità di iscrizioni, che corrispondono ad altrettanti riutilizzi, convive sull’obelisco: i geroglifici lo dedicano a Ramsete II e Seti I, alcune iscrizioni in latino del tempo di Augusto lo dedicano al Sole, mentre altre in latino, del tempo di Sisto V, alla Santa Croce. Tra le iscrizioni risalenti all’epoca del papa, ce n’è una che, tanto per ribadire “la conversione dell’obelisco”, dice: “Sto molto più contento di prima qui, davanti al tempio di Una, dal cui ventre verginale nacque, al tempo di Augusto, il Sole della Giustizia”. In questo modo, alla faccia dei faraoni e degli imperatori, il papa aveva messo l’ultima parola sull’obelisco (interpretandone, a modo suo, il pensiero).


Prima che ne venga eretto un altro, bisogna aspettare il 1651. Sarà Gian Lorenzo Bernini a collocarlo, come una candelina su una torta, al centro della sua scenografica fontana dei Quattro Fiumi, a piazza Navona. L’obelisco agonale è in granito e ricoperto di geroglifici fatti eseguire da Domiziano, con tanto di errori grammaticali, mentre sulla punta è appollaiata la colomba con l’ulivo, simbolo dei Pamphilj. Fu proprio Innocenzo X a volere che Bernini recuperasse l’antico obelisco, che giaceva abbandonato nel Circo di Massenzio, sull’Appia Antica.


Sempre Bernini sistemò, nel 1667, sul dorso dell’irriverente elefantino davanti alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva, un piccolo obelisco egiziano, rinvenuto nelle vicinanze, dove in epoca imperiale sorgeva il tempio di Iside. Insieme a quello della Minerva, era venuto alla luce un altro piccolo obelisco made in Egypt, sistemato nel 1711 da Clemente XI proprio a due passi, ovvero al centro della fontana di Giacomo Della Porta, a piazza della Rotonda, di fronte al Pantheon.


Alla fine del Settecento Pio VI innalzò ben tre obelischi. Il primo, nel 1786, fu quello del Quirinale. Di granito rosso, romano d’imitazione egiziana, ornava l’ingresso del Mausoleo d’Augusto, insieme a quello di Santa Maria Maggiore, a suo tempo riciclato da Sisto V. Fu proprio Sisto V a spostare qui, dalle terme di Costantino, le statue dei Dioscuri che piantonano, come due carabinieri, l’obelisco, arrivato solo il seguito.


Nel 1789 toccò all’obelisco Sallustiano, innalzato da Pio VI in cima alla scalinata di Trinità dei Monti e così chiamato perché proveniente dagli Horti Sallustiani. Che sia un’imitazione romana risulta evidente anche dalle pose, molto poco egiziane, delle figure posizionate nella parte bassa.


Il terzo e ultimo obelisco sistemato da questo papa è a piazza Montecitorio. Originale egiziano del VI secolo a.C. e portato a Roma da Augusto, era usato come gnomone della meridiana dell’imperatore per segnare, con la propria ombra nel centro esatto dell’Ara Pacis, il giorno del suo compleanno. Ritrovato in pezzi, fu innalzato sulla piazza nel 1792, con in cima una palla di bronzo forata: i raggi del sole, passando attraverso i fori, si riflettevano sul pavimento, indicando il passare del tempo, proprio come l’antica meridiana di Augusto.


Nel 1817 è la volta del piccolo obelisco di villa Celimontana. Risalente all’epoca di Ramsete II, fu donato alla famiglia Mattei dalla città di Roma, dopo che per lungo tempo era stato “ospite” al Campidoglio. Anche questo era arrivato in epoca imperiale e proveniva dal tempio di Iside. Solo la parte superiore dell’obelisco è originale, come si può notare dai geroglifici che la ricoprono e che non compaiono sulla parte inferiore.


Pochi anni dopo, nel 1822, anche il Pincio riceve il suo obelisco. Fu realizzato da Adriano in onore del suo Antinoo, annegato nel Nilo, e originariamente si trovava proprio in Egitto. Fu portato a Roma da Eliogabalo, per ornare il circo Variano ed è detto “aureliano” perché rinvenuto nel Cinquecento fuori porta Maggiore, entro le mura Aureliane. Dovrà aspettare due secoli prima che Pio VII lo sistemi al Pincio, praticamente di fronte alla Casina Valadier, in occasione dei lavori che portarono all’apertura della passeggiata al pubblico.


Siamo arrivati, così, al tredicesimo ed ultimo obelisco egiziano, detto di Dogali. Eretto a Eliopoli da Ramses II, dopo la conquista dell’Egitto fu trasportato a Roma da Domiziano per ornare il tempio di Iside, insieme agli obelischi di piazza della Minerva, piazza della Rotonda e villa Celimontana. Dissotterrato nel 1883, fu riutilizzato solo nel 1887, per commemorare i 584 soldati uccisi a Dogali, durante la prima espansione italiana in Eritrea. Il monumento funebre, realizzato dall’architetto Francesco Azzurri, era originariamente collocato a piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini. Ampiamente criticato, in occasione del riassetto urbanistico della piazza, realizzato nel 1925, fu spostato in una posizione più decentrata, nei giardini presso le terme di Diocleziano. Ancora oggi si trova lì, infelicemente defilato in una posizione non degna del valore storico dell’obelisco, la cui sfortuna è quella di non essere stato inglobato in un monumento altrettanto degno.


(Una notazione: piazza dei Cinquecento non porta fortuna ai monumenti visto che, più di un secolo dopo le polemiche sull’obelisco di Dogali, sorte analoga è toccata alla discutibile statua di papa Woityla, inaugurata nel 2011, rimossa, risistemata, inaugurata di nuovo e di nuovo contestata. Forse la posizione non è molto felice). Il tour per gli obelischi egiziani è giunto al termine, ma per finire, una curiosità. Si dice che sotto palazzo Patrizi, di fronte a San Luigi dei Francesi, a circa sette metri di profondità, si nasconda un altro obelisco egiziano che, probabilmente, ornava il circo agonale.  Per quanto riguarda, invece, quelli moderni, abbiamo l’obelisco di villa Medici, di Villa Torlonia,


realizzato nel 1842 sul lago Maggiore e fatto erigere nella villa da Alessandro Torlonia, in onore dei suoi genitori; del Foro Italico, di Marconi e l’obelisco Novecento, opera di Arnaldo Pomodoro, inaugurato nel 2004.



(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)

















You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI