Gli angeli di Castello

ottobre 21, 2020


La presenza della statua dell’Angelo in cima all’ex fortezza papale è legata a un’antica leggenda che prende le mosse alla fine del VI secolo, quando Roma e l’Italia tutta stavano attraversando un periodo drammatico. Erano anni oscuri e tristi in cui sembrava che il destino avesse deciso di accanirsi una volta per tutte contro la penisola. Oltre alle stragi compiute dai Longobardi, ci si erano messe pure le devastazioni causate dalla furia delle calamità naturali. A dire di Paolo Diacono “si abbatterono sul Veneto, sulla Liguria e su altre regioni italiane piogge torrenziali: dal tempo di Noè non si ricordava un diluvio simile”. Il Tevere, nel 589, registrò una piena di tale violenza che scoppiò un’atroce epidemia di peste che decimò la città, mietendo tra le illustri vittime anche papa Pelagio II. Di fronte a un simile scenario Gregorio Magno, designato a succedere al soglio pontificio, esortò i fedeli alla preghiera e alla penitenza e organizzò una grande processione di tre giorni alla quale parteciparono tutti coloro che ancora si reggevano in piedi. Si trattò, più che altro, di un corteo funebre sulle strade di una Roma moribonda, con la peste “che falciava gli uomini facendoli stramazzare al suolo senza vita”. Come racconta Gregorovius: “ma all'improvviso una visione soprannaturale pose termine alle litanie e al contagio. Mentre Gregorio, alla testa della processione, attraversava il ponte che conduce a San Pietro, il popolo vide librarsi nell'aria, sopra la Mole Adriana, l’arcangelo Michele che, davanti agli occhi attoniti dei fedeli, rinfoderò la sua spada fiammeggiante, come per significare che la pestilenza era finita”. Così Roma ebbe finalmente pace e quello che era nato come il Mausoleo di Adriano, divenne per tutti Castel Sant'Angelo.


Che si sappia, però, la statua a ricordo del prodigio fu posta solo nel XIII secolo e da quel momento, peraltro, non ebbe mai vita facile: quello che vediamo oggi, infatti, è solo l’ultima di una lunga e sfortunata serie di statue di angeli che si sono succedute sullo spalto del Castello. Si dice che la prima, collocatavi anteriormente il 1277, fosse fatta di legno e comprensibilmente resistette poco alle intemperie. La seconda venne distrutta nel 1379 durante un assalto alla fortezza. Alla terza andò ancora peggio. L’aveva voluta in marmo con alcune parti metalliche Nicolò V e durò neanche un cinquantennio. Il 29 ottobre 1497, annotava il cerimoniere pontificio Giovanni Burckardtverso l’ora XIV una folgore, oppure un tuono, con un colpo solo bruciò la torre superiore e principale di Castel Sant'Angelo; le polveri che stavano lassù per la munizione del detto castello scoppiarono, per cui tutta la parte superiore della torre comprese le mura e il grossissimo angelo marmoreo furono totalmente e a grande distanza scagliati…” La sfortuna dell’angelo successivo fu quella di essere stato forgiato in bronzo: si ritrovò così immolato durante il sacco di Roma del 1527, fuso, senza troppi complimenti, per poterne trarre cannoni e per come andarono le cose, il sacrificio risultò anche vano. Arriviamo così a Paolo III, che nel 1544 affidò a Raffaello di Montelupo l’incarico di eseguirne uno nuovo, marmoreo e di grandi dimensioni, terminato e innalzato alla fine dello stesso anno.  


Non gli andò poi così male perché lì vi rimase per oltre due secoli. La sua carriera finì per vecchiaia e un po’ per colpa del castellano Giovanni Costanzo Caracciolo Santobono, che convinse papa Benedetto XIV a sostituirlo con uno meno acciaccato. Dal 1752 è “collocato a riposo” nel cosiddetto Cortile dell’Angelo ed è impossibile non notarlo per chi sta salendo sulla terrazza. Terrazza attualmente dominata dall'angelo bronzeo di Pietro Verschaffelt, finora il più longevo del Castello. Anche se è un record che si è guadagnato non senza fatica. Rischiò di brutto, infatti, durante l’invasione del 1798, quando gli invasori francesi lo dipinsero a sfregio con i colori repubblicani bianco, rosso e azzurro; inoltre “gli posero in testa la berretta rossa e fu dichiarato per il Genio della Francia liberatore di Roma”. Da tempo ha ormai riacquistato la giusta dignità e con la sua mole svella trionfante e rassicurante sulla città.


 

(Gabriella Serio – Curiosità e segreti di Roma)

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