La Colonna dell'Abiura

febbraio 17, 2020


La cosiddetta Colonna dell’abiura fu fatta erigere nel 1596 dal francese Charles Anisson in ricordo di Enrico IV, re di Francia. Per poter salire al trono fu costretto a convertirsi al cattolicesimo, pronunciando la famosa frase: “Parigi vale bene una messa”. Sotto il pontificato di Clemente VIII abiurò, quindi, il protestantesimo con solenne cerimonia svoltasi in San Pietro il 17 settembre 1595, concedendo così un nuovo trionfo alla Chiesa. Il sovrano inviò a Roma, con il titolo di plenipotenziari, i cardinali Arnaldo D’Ossat e Iacopo Davy Du Perron, incaricati di trattare le condizioni della sua riconciliazione con la Chiesa. I due cardinali francesi, a capo scoperto e con espressione umile e supplicante, baciarono i piedi di Clemente VIII, quindi pronunciarono l’abiura a nome del loro re e accettarono le condizioni dettate dalla corte di Roma. A questo punto Clemente li fece stendere al suolo, prese una verga e li colpì tre volte in onore della Santissima Trinità. Poi mise un piede sul loro collo e mentre i preti intonavano il Miserere, alla fine di ogni versetto tornava a colpire le spalle dei malcapitati, che, a quanto pare, portarono per diverse settimane i segni di questo trattamento, che invece doveva solo ricordare l’uso romano di liberare gli schiavi. La colonna a ricordo dell’evento, inizialmente inclusa in un elegante tabernacolo (che andò in rovina nel 1744), era situata davanti alla chiesa di S. Antonio all’Esquilino, ma fu trasferita nel 1875, durante i lavori edilizi nella zona e si trova oggi nell’area racchiusa da una cancellata a destra della facciata di Santa Maria Maggiore. È costituita da una base quadrata di marmo bianco (con gli stemmi del re di Francia, di Clemente VIII e di Benedetto XIV che la fece restaurare nel 1745) su cui s’innalza la colonna di granito rosso, alta tre metri e mezzo, che termina con un capitello romano sormontato da una Croce marmorea alle cui estremità fioriscono bronzei gigli di Francia e recante, da un lato, il Crocefisso e dall’altro una graziosa Madonnina. Da notare che la colonna che sostiene la croce è la fedele riproduzione di un affusolato cannone cinquecentesco sul cui fusto si legge: in hoc signo vinces. Non è ben chiaro se l’iscrizione si riferisca alla croce o al cannone!





(Willy Pocino – Le curiosità di Roma
Specchioromano.it)

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