Paolina Borghese Bonaparte

marzo 24, 2020


La fama dell’irresistibile bellezza di Paolina l’aveva preceduta a Roma, come quella della sua dissolutezza. Di lei si diceva che riunisse in sé tutte le doti della perfezione fisica e allo stesso tempo tutto ciò che di più bizzarro esistesse in termini di qualità morali. Occhi blu, capelli neri, coro perfettamente modellato e viso incredibilmente espressivo, aveva un piglio risoluto e un approccio malizioso, una combinazione di fascino letale. Nessun maschio sembrava resisterle e lei ne approfittava concedendosi generosamente a ogni uomo dal quale fosse attratta, ed erano molti. L’eroismo era la sua linfa vitale, passò da un amante all'altro senza rimpianti né rimorsi, secondo una personale variazione del carpe diem oraziano in versione carpe hominem. Insofferente già da bambina a ogni forma di costrizione, compresa l’istruzione alla quale dedicò meno tempo e meno interesse che alle questioni estetiche (parlava solo di cappelli vestiti, ninnoli e gioielli, secondo quanto riportato da alcune fonti a lei ostili), si piegò alla politica matrimoniale del fratello Napoleone sposando in prime nozze il generale LeClerc.


Il vincolo matrimoniale non le impedì di continuare a prendersi le sue libertà: a Parigi, dove conduceva un’irrefrenabile vita mondana, tutti erano a conoscenza dei suoi numerosi flirt extraconiugali, ma la relazione più chiacchierata fu quella con il divo del teatro Lafon. Anche per arginare questo scandalo, Napoleone spedì LeClerc a Santo Domingo per sedare i ribelli delle colonie, costringendo la riluttante Paolina a seguirlo. Durante il viaggio d’andata, ebbe modo di ammortizzare la rabbia e la noia invitando nella propria cabina gli ufficiali, dopo averli sedotti prendendo il sole nuda ma con le dovute precauzioni per non rovinare la pelle. Nonostante il cambio di location, la signora non cambiò abitudini intrattenendosi perfino in piena pestilenza con gli esemplari più gagliardi dell’esercito francese e anche con gli indigeni ribelli, se vogliamo credere ad alcune voci. A ogni modo, tornò dalle isole in lutto (il marito fu una delle vittime della peste alla quale Paoletta, così la chiamavano all'epoca, scampò fra un divertimento e l’altro), ma durante la traversata ebbe modo di consolarsi tra le braccia dei pochi superstiti e a Parigi visse la vedovanza in modo piuttosto allegro, intrecciando nuovamente la relazione con il bell'attore e non solo. Proprio a Parigi, ai primi dell’Ottocento, conobbe Camillo Borghese, fervente sostenitore di Bonaparte distintosi nelle prime campagne napoleoniche. Ma si distingueva anche perché proveniva da nobilissima famiglia e aveva una ricchissima dote. Napoleone non ci pensò due volte a sistemare la sorella, giovane, bella e vedova, con il principe.

Giunta a Roma, sua altezza Paolina si impegnò per confermare le voci sulla propria bellezza travolgente, ma soprattutto sulla sua spregiudicatezza morale, voci che invece tanto spaventavano la suocera: si dedicò a feste e divertimenti, tra i quali rientrava l’infedeltà coniugale (lapidario il giudizio di Indro Montanelli, secondo cui Paolina era “l’unica Bonaparte che preferiva l’amore al potere e lo faceva con tutti, qualche volte anche con il marito”). Sembra che Camillo subisse le corna senza reagire, anche perché la moglie gli rimproverava di essere poco intraprendente a letto, accusandolo di abbioccarsi prima di aver appoggiato la testa sul cuscino. Non che Camillo fosse impotente, era solo svogliato e così Paolina si consolava concedendosi ai numerosi spasimanti, approfittando dell’assenza del marito da Roma, oppure imboscandosi negli splendidi giardini di Villa Borghese. Alle chiacchiere sulla sua condotta adulterina, rispondeva con spietata sincerità: “non avessi mai sposato Camillo. Vorrei essere rimasta la vedova di Leclerc, invece che diventare la moglie di un eunuco”. Per quanto abituato ai pettegolezzi sulla libera condotta della moglie, forse neanche Camillo avrebbe potuto immaginare che, a un certo punto, tutta Roma si mettesse in fila per vedere Paolina nuda. E così arriviamo al chiacchierato scandalo della Venere Vincitrice, il capolavoro di Antonio Canova.


Fu proprio Camillo a ingaggiare il migliore scultore d’Europa, amato e corteggiato anche da Napoleone, per immortalare la divina bellezza della spensierata consorte. Sembra che Canova volesse ritrarla nelle vesti di Diana, mentre lei si impuntò per lasciare da parte la dea della caccia, e soprattutto le vesti, trovandosi più a proprio agio nel corpo nudo e perfetto di Venere, la dea della bellezza. D’altra parte, non era forse quella la dote per la quale era nota a tutti? Pur ispirandosi al canone ideale della bellezza neoclassica, la scultura è molto fedele all'originale, nei lineamenti del viso come disegno del corpo. Paolina era all'apice della forma e Canova non ebbe bisogno di idealizzarne la bellezza divina. Sembra che l’unico ritocco – richiesto dalla modella stessa – riguardasse le orecchie, grandi e senza lobo, un cruccio per Paolina e motivo di scherno per le amiche pettegole e le nemiche invidiose. Qualcuno, poi, malignò che lo scultore avesse corretto alcune imperfezioni delle gambe, un’ipotesi contestata da chi quelle gambe le aveva viste da vicino e poteva affermare con certezza che erano perfette come quelle dalla statua. Ma a colpire l’interesse collettivo, scatenando commenti su commenti, non furono le gambe della Venere, almeno no solo. Canova è riuscito a rappresentare fedelmente la bellezza della sua modella, ma soprattutto ne ha catturato lo spirito: Paolina appare orgogliosa e provocante, consapevole di essere la più bella, una dea, la vincitrice del pomo della discordia, o della mela del peccato – dipende dai punti di vista. Proprio per questa incontestabile sensualità, oltre che per la nudità del soggetto, l’opera fece scalpore.


Si sparse rapidamente la voce che Paolina avesse posato nuda di fronte allo scultore e si racconta che, per rispondere allo stupore generale, avesse fornito la provocatoria giustificazione che lo studio dell’artista era ben riscaldato. Le chiacchiere le piacevano, scandalizzare la divertiva. Amava essere al centro dell’attenzione e inizialmente anche il marito Camillo fu fiero di mostrare la scultura agli ospiti azionando il meccanismo nascosto che, facendola ruotare su sé stessa, permetteva di ammirarla da tutti i punti di vista, lato A e lato B. Era uno spettacolo e divenne un’attrazione: tutti volevano vedere la disinibita madame Borghese languidamente sdraiata seminuda su un triclinio (anche nella vita Paolina amava poltrire tra letti e canapè), con il seno scoperto e l’ombelico all’aria. La richiesta fu tale che la servitù mise in piedi un lucroso business, facendo pagare il biglietto a chi volesse ammirare dal vivo – ma di nascosto – le nudità della padrona di casa. quando Paolina venne a saperlo, fu la prima a prendere provvedimenti: scrisse una lettera al marito vietandogli di mostrare la statua, specificando che aveva posato nuda per il suo diletto e non certo per il morboso voyerismo dei romani. Ma era il 1818, erano passati circa dieci anni da quando Canova l’aveva immortalata, il matrimonio con Camillo era al capolinea e la sua bellezza cominciava a sfiorire a causa dell’età e della salute malandata. Non si sentiva più una Venere, tanto meno una vincitrice, proprio come il fratello Napoleone non era più l’invincibile condottiero dei tempi d’oro. Assecondando il volere della moglie, ma anche quello del papa che si era espresso chiaramente sulla faccenda, Camillo non mostrò più la scultura, dalla quale però non si separò mai. Dalla moglie, invece, si era separato molto tempo prima. Dopo essersi inizialmente stabilita a palazzo Borghese, durante i suoi soggiorni romani Paolina preferì risiedere in una magnifica villa tra Porta Pia e Porta Salaria, che divenne un punto di riferimento frequentato da aristocratici romani e stranieri, un salotto immerso nel verde in cui la padrona di casa organizzava balli, colazioni e ricevimenti. Ma Paolina era uno spirito inquieto, non si abituò mai a Roma, viaggiò in continuazione e in continuazione passò da un innamorato all'altro. Durante i suoi spostamenti, spesso raggiunse il fratello Napoleone: tra loro c’era un rapporto molto particolare, sul quale i maligni hanno ricamato arabeschi al veleno insinuando perfino l’ipotesi di una relazione incestuosa.


Sembra che dietro questa indiscrezione ci fosse la moglie di Napoleone, Giuseppina Beauharnais: lei e Paolina si odiavano apertamente. Amante del fratello no, ma sua fedele confidente sì: nonostante Paolina mise a dura prova la pazienza di Napoleone con le sue numerose e scandalose liaisons dangereus, non lo abbandonò mai, unica della famiglia a seguirlo perfino in esilio all’Elba, condividendone trionfi, sconfitte e affanni. Ne condivideva anche il medesimo carattere volitivo, quello che insieme all'indole ribelle e alla condotta spregiudicata furono responsabili di gran parte dei giudizi negativi nei suoi confronti. Ma al di là delle sentenze e delle chiacchiere, il modo migliore per conoscere Paolina è trovarsi a tu per tu con la scultura di Canova, un capolavoro di armonia che restituisce senza tante parole, pettegolezzi o cattiverie, l’immagine di una donna sicura di sé, estroversa, anticonformista e provocante, forse più per dispetto che per convinzione: un’autentica Venere vincitrice.

(Giulia Fiore Coltellacci – Storia pettegola di Roma)

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