Cola Di Rienzo

ottobre 08, 2021


È un personaggio davvero singolare, la cui storia è avvolta in un velo di mistero, complice il buio del Medioevo in cui si svolgono le vicende, che lo resero amatissimo e odiatissimo nell'arco di pochi anni. Agli inizi del Trecento, Roma è una città irriconoscibile, lontana dai fasti imperiali e ancora troppo acerba per la nuova fioritura che avverrà nel Rinascimento. Il papa è fuggito ad Avignone, lasciando un vuoto di potere che alimenta faide quotidiane tra nobili e il brigantaggio, nelle vie buie e polverose, di un agglomerato urbano che conta appena 17mila anime. Gli episodi storici che avverranno in quegli anni, infatti, vanno inquadrati nella vita quotidiana di un paesotto disorganizzato al limite dell’ingovernabilità, popolato da gente poverissima. Cola di Rienzo è un giovane erudito visto di buon grado dal papa, che lo investe della carica di notaio della Camera Urbana. Nato nel 1313 nel rione Regola da una povera famiglia, il padre Lorenzo è un oste, la madre fa la lavandaia. Si chiama Nicola ed è per tutti “Cola, il figlio di Renzo” che in romanesco diviene Cola di Rienzo. Sono proprio le origini popolari che gli infiammano il cuore d’amore per la sua gente e passione per l’antica gloria della città. Nicola è determinato a ripristinare l’ordine, riscattare il popolo e farla pagare ai nobili tracotanti e usurpatori. E poi è un grande oratore e sa come infervorare l’animo della sua gente. I suoi discorsi diventano subito popolari e riscuotono il plauso dei suoi concittadini. Il 19 maggio 1347, giorno della Pentacoste, Cola Di Rienzo raduna i suoi uomini sull'Aventino, davanti alla chiesa di Santa Sabina, dove si esibisce in un delicato sermone in bilico tra concetti religiosi e moti rivoluzionari. In sintesi, lega la discesa dello Spirito santo a una chiamata all'azione per ristabilire l’ordine a Roma. Il discorso fomenta il popolo, ma allo stesso tempo rassicura i nobili e il papa, che ne apprezzano l’impronta religiosa: Cola appare ancora ben inquadrato nei ranghi del potere pontificio. Si sparge veloce la notizia di un’adunata che avrebbe avuto luogo il giorno seguente in Campidoglio, senza armi.


Il capopopolo fa celebrare la messa nella chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, invoca ancora una volta la protezione dello Spirito santo e muove verso il Campidoglio seguito dalla folla e persino dal vicario pontificio. Il discorso sul colle inizia con una dichiarazione di fedeltà per il papa, poi cambia bruscamente tono, dichiarando che le tasse dovranno confluire nelle casse comunali e non in quelle pontificie, arrivando a manifestare la volontà di requisire tutti i terreni pontifici in favore della gente comune. La folla in visibilio lo dichiara tribuno e gli affida il governo cittadino. È questo l’apice della vita di un uomo e del sogno di libertà e riscatto di un popolo che dovrà aspettare ancora mezzo millennio prima di liberarsi dal potere di aristocratici e papi. Dopo forti contrasti con la nobiltà romana, infatti, il pontefice farà dapprima arrestare Cola di Rienzo e poi nel 1354 lo spedirà di nuovo a Roma con la nomina di senatore, affiancato dal vicario pontificio per restaurare il governo temporale della Chiesa. La storia ci tramanda, però, un uomo trasformatosi in un despota spietato. L’8 ottobre il popolo torna in Campidoglio, questa volta per deporre il senatore con la violenza. Cola sarà ucciso brutalmente, il suo corpo appeso a testa in giù in piazza San Marcello e poi trascinato al mausoleo di Augusto, dove verrà bruciato. Oggi sul fianco sinistro della scalinata che conduce al Campidoglio, una piccola statua ricorda il luogo dove l’esistenza terrena di Cola di Rienzo giunse all'epilogo.

(Claudio Colaiacomo - I Love Roma)

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