Sant'Agnese fuori le Mura e Mausoleo di Costanza

gennaio 21, 2021

  


Sulla via Nomentana, poco fuori dalle Mura della città, fu costruita, ai tempi di Costantino, una basilica dedicata a S. Agnese, che qui era sepolta. Era detta basilica "circiforme" per via della sua  forma molto simile a quella di un circo, tipologia introdotta dall’ imperatore stesso, ma che non durò poi a lungo. I resti di questa antica basilica sono ancora visibili.


Pregando sulla tomba di Sant’Agnese, Costanza, figlia dell’imperatore, guarì miracolosamente da una malattia e volle costruire proprio accanto all’edificio sacro una tomba monumentale, dove verrà sepolta nel 354, anno della sua morte. C’è però molta confusione da queste parti! Innanzi tutto l’ingresso al mausoleo di “Santa” Costanza è situato sulla via dedicata a Santa Agnese, inoltre : benché cristiana, benché figlia del primo imperatore cristiano, benché nipote di una santa come Elena, benché venerata lei stessa come santa, Costanza, di fatto, santa non lo è, e non lo è mai stata. Anzi! Secondo lo storico Marcellino era una “sorta di mortale megera, seduttrice assidua di uomini violenti desiderosi di sangue umano, per nulla più mite del marito” Annibaliano; mentre per papa Damaso I era una pia cristiana, molto impegnata nel recupero delle reliquie dei santi, così come la nonna Elena. Per raggiungere il mausoleo si percorre un breve viale alberato, che ricorda molto uno dei suggestivi tratti dell’Appia Antica.


Se l’esterno sembra semplice e spoglio, una volta entrati l’effetto che fa è sorprendente! L’originale struttura è formata da due spazi circolari concentrici, con dodici coppie di colonne di granito, disposte a raggiera, che scandiscono il ritmo di un incantevole girotondo, che accoglie il visitatore in un intimo abbraccio, una sensazione amplificata dalla luce che filtra dai dodici finestroni su cui si imposta la cupola.


Alziamo lo sguardo e percorriamo con il naso all’insù tutto il perimetro circolare, giriamo praticamente intorno a un mosaico, 


ricco di decorazioni, in cui motivi geometrici si alternano a scene di vendemmia, con amorini che pigiano l’uva, fiori, frutta, buoi che tirano carri.


Man mano che ci si avvicina al sarcofago di Costanza gli oggetti aumentano a dismisura, la confusione è tale che sembra una scena di un famoso rompicapo della “Settimana enigmistica”, ve lo ricordate? Mi sembra si chiamasse “Il corvo parlante”: uccelli, foglie, pezzetti di pane e rametti gettati qua e là, un disordine che si fa arte, una forma di mosaico ideata dai romani, che cattura lo sguardo e lo accompagna nella contemplazione.


Al centro delle scene di vendemmia ci sono due medaglioni che ritraggono Costanza e suo marito Annibaliano. Questi mosaici possono essere definiti uno dei più alti esempi di arte musiva tardoantica. Oltre alla mancata santità della persona a cui è dedicato, questo mausoleo ha dato origine anche ad un altro equivoco: soprattutto durante il Rinascimento, si è creduto che questo tipo di decorazioni avesse a che fare con un qualche antico tempio pagano dedicato a Bacco.


Quindi fu così che nel Seicento alcuni artisti fiamminghi formarono una sorta di confraternita, per essere ammessi alla quale, i novizi, dovevano partecipare a riti e festeggiamenti, in onore di Bacco, proprio all’interno del mausoleo, che era la location ideale per festini dionisiaci, che spesso si tramutavano in vere e proprie orge. Questo rituale di iniziazione terminava con bagni di vino presso il sarcofago di Bacco, che in realtà era il sarcofago di Costanza, causando la dispersione delle spoglie della legittima proprietaria.


Ora il sarcofago è solo una copia, l’originale, insieme a quello di Elena, si trova ai Musei Vaticani.


Alcuni graffiti nei muri testimoniano il passaggio della compagnia olandese.


Solo in epoca più recente il mausoleo ha ritrovato il suo splendore e la sua funzione religiosa, affermandosi come una delle chiese più gettonate per i matrimoni.


Chissà quanti sposi sono consapevoli che l’incantevole chiesetta era in realtà una tomba.


Dal Mausoleo passiamo ora alla vicina Basilica di Sant’Agnese, quella però costruita per volere di papa Onorio I, direttamente a ridosso del corpo della martire, abbandonando quindi la precedente basilica costantiniana di cui abbiamo parlato all’inizio. 


La storia narra che Agnese, rea di avere rifiutato il figlio del prefetto di Roma, venne denunciata come cristiana: condotta tra le prostitute nel lupanare ricavato nei fornici dello Stadio di Domiziano, fu esposta nuda per ordine dell'imperatore Diocleziano, ma i capelli della giovane crebbero miracolosamente tanto da coprirle interamente il corpo. Nessuno osò più violare la sua verginità dopo che l'unico che ci provò perse la vista, riacquistata poi per intercessione della stessa Agnese. Fu ritenuta per questo una strega e venne gettata nel fuoco, ma questo si divise sotto il suo corpo e fu allora trafitta da un colpo di spada alla gola, nello stesso modo in cui si uccidevano gli agnelli.  La presenza del corpo della santa in una galleria al primo piano delle catacombe, unito alla volontà di non rimuoverne il corpo (in osservanza alla proibizione della Chiesa Romana di manomettere i luoghi di sepoltura, per prevenire la dispersione delle reliquie), ebbero come conseguenza la realizzazione di una basilica seminterrata, con il pavimento allo stesso livello della tomba: solo il livello superiore emergeva fuori terra. 


L'accesso alla basilica avveniva tramite una galleria che correva su tre lati (il matroneo), in corrispondenza delle navate laterali e del nartece, oppure tramite una scala,


come tuttora avviene, anche se l'attuale scala marmorea, colma di frammenti marmorei ed iscrizioni provenienti dalle catacombe, fu realizzata soltanto nel 1590.


L'interno preceduto da un nartece, presenta tre navate divise da colonne antiche di recupero, probabilmente appartenenti alla precedente basilica costantiniana, con magnifici capitelli corinzi; al piano soprastante corre il matroneo con colonne del VII secolo. 


Nell’abside, contemporaneo alla costruzione della chiesa, si trova invece uno tra i più begli esempi di arte musiva bizantina della città. 


Al centro del catino, completamente ricoperto d’oro, c’è Sant’Agnese con ai piedi la fiamma e la spada, simboli del suo martirio, ed è affiancata dai pontefici Onorio, che reca il modello della nuova basilica, e Simmaco, l’ultimo restauratore dell’edificio costantiniano. La composizione è semplice ma maestosa, aristocratica, decisamente ricca (l’oro è abbagliante), eppure, nonostante l’evidente stilizzazione, è innegabile la suggestione dell’insieme. Unico dettaglio più umano sono i rossi sul viso della santa che, non dimentichiamolo, era poco più che bambina. 


Il ciborio seicentesco, retto da colonne antiche di porfido, anch'esse riutilizzate, copre l'altare, sotto il quale vi sono i resti delle sante Agnese ed Emerenziana (sorella di latte di Agnese), contenuti in un reliquario d'argento, fatto realizzare da Paolo V nel 1615, visibili scendendo nella cripta.


L’attuale pavimento della navata centrale fu realizzato nel 1856 per volontà di papa Pio IX con i marmi avanzati dal nuovo pavimento della basilica di San Paolo fuori le mura, ricostruita dopo l’incendio e consacrata dallo stesso papa nel 1854.


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(Claudio Colajacomo – Il giro di Roma in 501 luoghi)
(Giulia Fiore Coltellacci – I luoghi e le storie più strane di Roma)
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