La Centrale Montemartini

giugno 10, 2020


Esistono, in Italia e nel mondo, musei insoliti perché ospitano collezioni insolite, per non dire strane: il museo dei cavatappi, per esempio, quello del vento, dei lucchetti o delle bilance. A Roma, invece, c’è un museo in cui non è la collezione ad essere insolita, anzi è classica che più classica non si può, ma è lo spazio espositivo ad essere atipico. La Centrale Montemartini è oggi uno dei più affascinanti poli museali della capitale e visitarla è un’esperienza “elettrizzante”.


Non vi è altro luogo a Roma e in tutta Italia in cui sia possibile ammirare uno spettacolo del genere: un mix frastornante di archeologia classica e archeologia industriale, due mondi diametralmente opposti uniti in un’esperienza museale completamente originale.


Costruita in stile liberty agli inizi del Novecento, l’ex centrale Giovanni Montemartini, primo impianto pubblico di produzione elettrica di Roma, è oggi uno spazio suggestivo, “fratello” dei Musei Capitolini. Alla ex centrale termoelettrica Giovanni Montemartini, lungo la via Ostiense, a due passi dagli ex Mercati Generali e dalla inconfondibile mole del Gazometro, c’è il bianco dei marmi romani e il nero delle turbine e dei motori diesel: c’è la grande stagione industriale di inizio Novecento, accostata a quella dei Cesari e degli scavi archeologici di fine Ottocento e degli anni Trenta del Novecento.


Un gioco di contrasti davvero suggestivo, un “caso” singolare di sperimentazione espositiva che ha vinto ogni scommessa. La prima centrale termoelettrica pubblica, intitolata a Giovanni Montemartini, assessore ai servizi tecnologici, morto durante una riunione di consiglio, venne inaugurata nel giugno del 1912. Situata a due passi dagli stabilimenti del gas, la ferrovia e il Tevere, fornì energia, con un impianto misto diesel-vapore, a gran parte di Roma, fino alla metà degli anni Sessanta, quando, a seguito di una gloriosa attività, riconosciuta la tecnologia degli impianti come obsoleta, si decise per la sua dismissione.

Da allora, per più di venti anni, subì un periodo di abbandono, comune ad altre strutture industriali dell’Ostiense: capannoni in disfacimento, macchinari semi smontati e palazzi in disuso, tanto da arrivare al punto di ipotizzarne il suo completo abbattimento. Fortuna che verso la fine degli anni Ottanta, i dirigenti dell’azienda proprietaria, l'ACEA, hanno un’idea diversa: riconvertire l’impianto in un centro polifunzionale e multimediale, che potesse svolgere contemporaneamente finalità diverse, dalla valorizzazione del patrimonio archeo-industriale alla sede di rappresentanza, da centro congressuale a luogo di uffici. Così nel 1989 si inaugurò l’Art Center Acea.


Quando nel 1997 i Musei Capitolini dovettero chiudere al pubblico la Galleria lapidaria per urgenti lavori di ristrutturazione, la Soprintendenza del Comune di Roma chiese di poter utilizzare quegli spazi come sede di un’esposizione temporanea, visto che le opere conservate in quella parte dei Musei Capitolini, rischiavano di rimanere nelle casse a impolverarsi per anni negli scantinati. Le statue dovevano rimanere solo tre anni e vennero presentate al pubblico con una mostra dal titolo azzeccatissimo: Le macchine e gli dèi.


La scelta trovò non poche resistenze fra i critici d’arte, che non apprezzavano la collocazione delle statue romane all'ombra di turbine e grandi attrezzature meccaniche. Invece fu un successo clamoroso, la location è molto suggestiva e i romani se ne innamorano: sono affascinati dall'originale connubio tra sculture antiche e macchine moderne, capace di creare un elettrizzante cortocircuito temporale tra passato e presente. Si lavora, così, al progetto per rendere l’allestimento stabile, adatto a esporre anche quei reperti ingombranti o recenti che non troverebbero spazio ai Capitolini. Nel 2005 la Centrale Montemartini divenne sede stabile dei Musei Capitolini, segnando un record cittadino. È la parte distaccata del museo pubblico più antico del mondo, risalente addirittura al Quattrocento. Passeggiare nelle sale è un piacere, capannoni che fanno da insolita cornice a meraviglie del passato, lo sguardo che si posa prima su una sinuosa statua di marmo, poi su un possente blocco d’acciaio, l’archeologia classica che incontra quella industriale, la simbiosi è perfetta.


Il museo ospita circa 400 statue romane, provenienti dai grandi sventramenti di Roma capitale (1870) e di Roma fascista: gruppi scultorei, grandi statue, busti di imperatori e decori di sontuose residenze antiche. Nella Sala Colonne le opere della Roma repubblicana con la sfera religiosa e funeraria; l’introduzione del lusso nella sfera privata, la ritrattistica;


nella Sala Macchine il centro monumentale di Roma nell'area del Circo Flaminio, il Tempio di Apollo Sosiano, il Campidoglio, l’Area Sacra di Torre Argentina e il Teatro di Pompeo;


nella Sala Caldaie, infine, i giardini, le residenze imperiali, le domus, gli horti dell'Esquilino, i Sallustiani, gli Spei Veteris a Porta Maggiore e infine il grande mosaico di Santa Bibiana.

Recentemente il percorso espositivo è stato ampliato e un settore della vecchia Sala Caldaie n. 2 è stato restaurato per ospitare le carrozze del treno di Pio IX.


Si tratta di un pezzo da museo non solo in quanto cimelio storico, ma anche e soprattutto, perché le tre vetture che lo compongono, inaugurate nel 1859, sembrano una dépendance su due ruote del Vaticano: ricche e sontuose, sono state arredate e decorate dai più illustri maestri delle arti decorative della Francia di fine Ottocento. Il primo vagone è la balconata, elegante loggia per le benedizioni papali in movimento,


il secondo ospita la sala del Trono e il miniappartamento privato del pontefice (le dimensioni ridotte sono compensate dal ricercatissimo interior design)


mentre il terzo ospita la cappella consacrata. Consacrata anche al lusso e al comfort, visto che è la più sontuosa delle tre carrozze in confronto alle quali l’Orient Express sembra un misero treno regionale.

Insomma, nelle sale del museo è stato parcheggiato anche questo curioso reperto di epoca più recente. Il grande merito della Centrale Montemartini è aver dimostrato che vecchio e nuovo possono dialogare, che l’arte è un linguaggio universale e la sperimentazione può aprire nuove strade e anche nuovi musei.


E così, uno spazio nato per una necessità di ordine pratico, progettato come temporaneo e provvisorio, un ardito esperimento di archeologia industriale, riconvertita in sede museale, è oggi uno dei poli culturali più originali, insoliti ed esaltanti di Roma.


La Centrale Montemartini è vivamente consigliata a chi pensa che andare al museo sia noioso, che l’arte antica sia roba vetusta e l’archeologia polverosa: la visita è elettrizzante ed è assicurata una scarica di elettricità.



(Claudio Colajacomo - Roma perduta e dimenticata)
(Giulia Fiore Coltellacci - I luoghi e le storie più strane di Roma)
(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)
(Sabrina – Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma almeno una volta nella vita)
(Gabriella Serio – Curiosità e segreti di Roma)

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