Gli orologi a sei ore

settembre 14, 2020


L’occhio attento noterà, su alcune chiese e edifici storici della città, degli orologi particolari che, se ci fate caso, hanno uno strano quadrante diviso in sei ore. Si possono scovare un po’ per tutta l’area centrale: da Trastevere, sulla chiesa di Santa Maria dell’Orto,  a via del Corso, sulla parete di Santa Maria in Montesanto; e, ancora, nel cortile interno di Palazzo Rondanini, e nel chiostro di Sant'Andrea delle Fratte. C'è poi quello sulla torre del palazzo del Quirinale e quello sulla facciata del Collegio Romano. Passando dall'altro lato del Tevere, nei pressi del Vaticano, si trovano altri due esempi: sono entrambi in via del Borgo di Santo Spirito, rispettivamente nel cortile interno al civico 73 e all'interno della Asl, presso il Complesso dell’Ospedale di Santo Spirito.

Facciata Chiesa di Santa Maria dell'Orto 
Tutti, come accennato all'inizio, hanno in comune il fatto di non riportare la tradizionale suddivisione del tempo in dodici ore, bensì in sei e di avere, quando si è conservata, una sola lancetta. E che storia è mai questa? Dove sono finite le indicazioni dei minuti e del mezzogiorno, o piuttosto la mezzanotte, momento nel quale finisce un giorno e ne comincia uno nuovo? Questo, in teoria, secondo quanto siamo abituati a calcolare oggi. Ma fino alla metà del XIX secolo – terminus ante quem di questi curiosi orologi – le cose stavano molto diversamente.

Parete laterale della Chiesa di Santa Maria in Montesanto (Foto Viaggiandovaldi.wordpress.com)
Infatti, a Roma e in tutta la penisola era ancora in vigore il vecchio sistema di computo del tempo a “ore italiche”. La differenza, non da poco rispetto all'attuale, consisteva nel fatto che l’inizio del nuovo giorno veniva contato dal momento del tramonto del sole, che coincideva con il suono dell’Ave Maria, col compimento della ventiquattresima ora al tramonto del giorno successivo. Col crepuscolo, in pratica, finiva un dì e ne iniziava un altro e la notte apparteneva interamente a quello successivo. Erano quindi necessari quattro giri completi della lancetta per arrivare a segnare le 24 ore, suddividendo così la giornata in quattro intervalli da 6 ore ciascuno. Ad ogni ora (il numero di rintocchi delle campane indicava l’ora della giornata), spesso seguiva una replica nota come “la ribotta”. In una città ricchissima di torri e campanili come Roma, il risultato era un continuo scampanio spesso sfasato da un orologio all'altro, complice la poca precisione dei meccanismi di allora.


Cortile interno Palazzo Rondanini (Foto Viaggiandovaldi.wordpress.com)
D’altro canto, quando venne introdotto dallo Stato Pontificio, intorno al XIV secolo, ciò che importava maggiormente ai commercianti, agli artigiani, ai nobili, ma soprattutto ai contadini, era di conoscere solo i momenti salienti della giornata: bastava sapere a che ora sorgeva il sole, quando rincasare, la mezza giornata e i momenti dedicati alla preghiera. Altri invidiabili ritmi, insomma, quando la vita quotidiana aveva un contesto decisamente più semplice e il tempo scorreva più lentamente. E nel resto d’Europa? La situazione era completamente diversa con la misurazione del tempo che rispecchiava già da secoli quella in vigore ai nostri giorni, con la mezzanotte come punto di divisione e le ore ripartite in due gruppi di dodici denominate “ore antimeridiane” e “ore pomeridiane”.

Chiostro Chiesa Sant'Andrea delle Fratte
A Roma un primo tentativo d’innovazione si ebbe nel 1798, con la Repubblica franco-romana, da cui derivò la denominazione di “ora francese”. Per l’occasione, fu premura del senato, come si legge ancora nell'editto dell’epoca, di mettere a disposizione “i funzionari pubblici, i ministri del Culto e le persone più intendenti” per aiutare “gl'idioti nell'intelligenza e pratica delle nuove denominazioni indicate riflettenti il calendario”. In vari orologi si cominciò così a mettere il quadrante alla francese ma, mentre si procedeva al lavoro, cadde la Repubblica e, appena restaurato il governo pontificio, Pio VII diede ordine che si tornasse all'antico.
Cortile interno civico 73 Via di Borgo di Santo Spirito (Foto Viaggiandovaldi.wordpress.com)
E così, secondo l’illustre scienziato spagnolo Charles Marie de La Condamine, in viaggio a Roma alla fine del Settecento, solo dall'orologio esistente a Trinità dei Monti, regolato alla francese “si poteva apprendere quale ora fosse”, perché di nuovo “le ore cominciano a contarsi in Italia alla fine del giorno, termine equivoco, arbitrario e impossibile a determinarsi con precisione”.
Chiesa Santissima Trinità dei Monti
A ogni modo, gli orologi pubblici di Roma vennero modificati e allineati al resto d’Europa solo nel 1846 con Pio IX, e il primo a funzionare con questo sistema fu quello del Quirinale, il 7 novembre dello stesso anno, sebbene il quadrante, conservato alla romana, generò grande confusione tra la popolazione.
Palazzo del Quirinale
A questo proposito, così scrisse il disincantato Belli: “Il pubblico orologio del palazzo pontificio del Quirinale, pari ad altri orologi di Roma, ebbe finora il quadrante diviso in sole sei ore, le quali, mandandosi esso orologio alla romana, facean perciò in un dì quattro uffici, cioè di ore 6, di 12, di 18 e di 24. La campana battea peraltro di 12 in 12. Da questi elementi nasceano di tali bizzarre combinazioni, che uno svizzero della guardia ebbe un giorno a esclamere: - Oh, Griste sante! Segnar quattro, sonar tiece, e star fentitue –“. Per aiutare i romani, evidentemente confusi dai nuovi quadranti, il papa introdusse lo sparo del cannone di mezzogiorno, prima da Castel Sant'Angelo, poi da Monte Mario e infine dal Gianicolo, che tutt'ora avverte i romani dello scoccare del mezzodì.

(Gabriella Serio - Curiosità e segreti di Roma)
(Claudio Colajacomo - Roma perduta e dimenticata)




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