Ghetto: Piazza Costaguti

aprile 06, 2021


La nostra passeggiata per le vie del Ghetto, (ma sarebbe più corretto dire del Quartiere Ebraico, visto che poco è rimasto dell’originale Ghetto e molto di quello che stiamo visitando non è mai appartenuto al Ghetto vero e proprio) prosegue con tappa nella piccola piazza Costaguti. Qui affaccia il cinquecentesco palazzo Costaguti, che abbiamo già trovato lungo via della Reginella (dove prospetta l’ala più antica dell’edificio), e in piazza Mattei.  Fu costruito nella prima metà del Cinquecento per monsignor Costanzo Patrizi, tesoriere di Paolo III. Alla morte del monsignore fu venduto ad Ascanio e Pospero Costaguti e ancora oggi appartiene ai marchesi Afan De Rivera Costaguti. Sulla piazza affaccia anche la chiesa di Santa Maria in Publicolis, ricordata fin dal XII secolo. Dopo una prima ricostruzione avvenuta nel 1465 ad opera dei Santacroce, venne nuovamente ricostruita nel 1643 da Giovanni Antonio De Rossi, per volontà del cardinale Marcello Santacroce, e le fu aggiunto il titolo “in Publicolis”, in riferimento alle origini vantate dalla famiglia, che riteneva di discendere dall’antico console romano Publio Valerio Publicola.


L’interno è a navata unica con due cappelle per lato. Dalle numerose lastre tombali e monumenti dedicati, si evidenzia come la chiesa sia stata di fatto quasi una cappella privata della famiglia Santacroce, dove sono stati seppelliti molti dei suoi membri. Un’altra presenza degna di nota della piazza è l’elegante palazzo Boccapaduli, con la sua facciata che sviluppa su quattro piani con undici finestre ognuno: al primo piano incorniciate a architravate, al secondo solo incorniciate, al terzo e al quarto con dei piccoli balconcini in ferro battuto. Il palazzo è una struttura risalente al Quattrocento ed era proprietà dei Boccamazza. Ceduto prima in locazione, nel 1555, poi venduto, nel 1613, alla famiglia Boccapaduli, marchesi di antica nobiltà romana, che nel Settecento ne ricostruirono completamente la facciata. Passato poi per eredità ai Guerrieri e infine ai Pediconi.


Infine, in quel tratto della piazza che sfocia poi su via del Portico d’Ottavia, troviamo il Tempietto del Carmelo, costruito nel 1759 per proteggere un’immagine sacra dedicata a S. Maria del Carmine, che precedentemente era posizionata all'interno di una nicchia della Casa di Lorenzo Manilio, alla quale il tempietto è tutt'ora addossato.


Restaurato più volte nel corso dell’Ottocento, arrivò al dopoguerra in un tale stato di degrado che in molti non sapevano si trattasse di un tempietto.

(Foto Internet)
Arrivò addirittura ad essere “occupato” da una coppia di ciabattini che qui fissarono la loro attività, chiudendo l’esterno della cancellata con delle lastre di lamiera ondulata e l'interno con pareti in muratura alte fin quasi al soffitto.

(foto di Marco Razzi)
Quando i ciabattini si trasferirono in un’altra sede, il tempietto fu chiuso a chiave e ci vollero ben quattro anni per ritrovarla, quando finalmente la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Roma decise di intraprendere un restauro dell’edificio. 
È uno di quegli edifici in cui si tenevano le note “prediche coatte”.

(foto di Marco Razzi)


(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma)
(romasegreta.it)

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