Renato Rascel

gennaio 02, 2021

Renato Ranucci, in arte Rascel, nasce "casualmente" a Torino il 27 aprile 1912, durante una tournée della compagnia di cui fanno parte i suoi genitori: Cesare Ranucci, cantante di operetta, e Paola Massa, ballerina classica. Il piccolo passa i suoi primissimi giorni in una cesta tra le quinte, dove i genitori si prendono cura di lui tra una scena e l'altra. Viene poi trasferito a Roma e battezzato nella basilica di S. Pietro, su volontà del padre, che vuole confermare la sua "romanità", risalente a sette generazioni. E' uno dei monumenti del teatro leggero italiano, purtroppo oggi un po' dimenticato, ha spaziato dall’avanspettacolo alla rivista, dalla commedia musicale all’intrattenimento televisivo e radiofonico, coprendo praticamente tutti gli spazi che lo spettacolo ha mutevolmente occupato nell’arco di quasi un secolo. Nella sua infanzia, Renato abita nel rione di Borgo, allevato insieme alla sorella Giuseppina (poi morta all'età di 17 anni) da una zia che rimpiazza la continua assenza dei genitori, girovaghi per lavoro, e da una nonna, Margherita, che lo sprona alla recitazione. Dotato di una carica umana non indifferente e di una simpatia travolgente, fa le sue prime esperienze importanti poco più che adolescente. Suona la batteria, balla il tip-tap e, appena diciottenne, prende parte al trio delle sorelle Di Fiorenza come cantante e ballerino. Nel 1943 debutta in “Al Cavallino bianco” nella parte di Sigismondo e poco prima fonda una propria compagnia insieme alla moglie Tina De Mola, lavorando con testi di Nelli e Mangini, di Galdieri e infine di Garinei e Giovannini.


Grazie a queste esperienze ha la possibilità di mettere a punto un suo personaggio caratteristico, quello per cui sarà di fatto riconosciuto dal pubblico in modo infallibile. Si tratta della macchietta del piccoletto mite e distratto, stralunato e quasi inadatto a stare al mondo. Tra i titoli più famosi dei suoi spettacoli ricordiamo “Attanasio cavallo vanesio” seguito da “Alvaro piuttosto corsaro” che vanno in scena in un’Italia da poco uscita dalla Seconda guerra mondiale, che ha voglia di svago e divertimento. Altri titoli di successo “Tobia la candida spia”, “Un paio d’ali” e nel 1961, “Enrico”, tutti di Garinei e Giovannini. Al cinema, iniziato anche questo nel 1942 con “Pazzo d’amore”, non lasciò titoli memorabili. L’attore tendeva a riproporre le stesse macchiette e gli stessi sketch applauditi in teatro; fanno eccezione due film: “Il Cappotto” (tratto da Gogol) e girato da Alberto Lattuada e “Policarpo ufficiale di scrittura”, anche questo girato da un altro grande regista che è Mario Soldati. Un “cammeo” fu la sua partecipazione nel “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli, nei panni del cieco Bartimeo, reso con tono estremamente drammatico e commovente senza essere patetico. Notevole invece l'attività musicale. Memorabili alcune sue canzoni come “Arrivederci Roma”, “Romantica”, “Te voglio bene tanto tanto”, “E’ arrivata la bufera” ecc… Infine, tantissimi i programmi alla radio e alla televisione, fra cui la famosissima serie de “I racconti di padre Brown”. 


Anticipatore della comicità surreale, Rascel ha rappresentato il versante nobilmente popolare della commedia, capace di piacere a tutti, senza mai cadere nella volgarità o nel facile qualunquismo. L'attore muore a Roma, il 2 gennaio 1991, dopo una lunga malattia che lo porta ad una graduale perdita di coscienza.

(biografieonline.it)
(renatorascel.com)

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