Il Teatro di Pompeo

febbraio 18, 2020


Uno dei casi più interessanti di continuità urbanistica tra la Roma antica e quella moderna si può osservare a Piazza di Grotta Pinta, a due passi da Campo de’ Fiori. Qui l’andamento a semicerchio delle case segna e conserva, in maniera perfetta, la curva interna del Teatro di Pompeo, il primo a Roma a essere costruito completamente in muratura. Ma in realtà, esiste un modo più “gustoso” per scoprire ciò che rimane dell’antico edificio ed è quello di sedersi comodamente a cena in uno dei ristoranti che si affacciano tra la Piazza del Biscione e la Piazzetta del Paradiso.


Tutti questi locali, infatti, sono in parte ricavati nei resti dei cunei che sorreggevano le gradinate del teatro. E l’impressione che se ne trae, assaporando le portate tra due chiacchiere e un sorso di vino, è quella di trovarsi in romantiche grotte, se non fosse che qua e là si scorge l’opera reticolata, il particolare paramento murario a piccole piramidi tronche di tufo, che qui venne utilizzato per la prima volta. Come abbiamo accennato, si trattava del più antico teatro stabile a Roma in quanto, fino alla tarda età repubblicana, leggi severe ne impedivano la costruzione.
 

Questo genere di edifici pubblici, strano a dirsi erano, inizialmente, ritenuti “inutili e dannosi per i costumi della città” e visti con sospetto dalla classe senatoria. Fino a quello di Pompeo ci si limitò, dunque, a strutture di legno, temporanee, che venivano smontate alla fine degli spettacoli. Per costruire il suo, l’ingegnoso generale romano escogitò uno stratagemma, aggirando magnificamente i divieti vigenti: fece innalzare, sulla sommità del teatro, un grande tempio dedicato a Venere Vincitrice (oggi inglobato da Palazzo Righetti) e ricorse al pretesto che la cavea costituisse solo una gradinata per potervi accedere. 

La Torre Arpacata a Campo de' Fiori inglobata nel Palazzo Righetti-Orsini
In questo modo Roma ebbe il suo primo teatro stabile, che venne solennemente inaugurato nel 55 a.C., su un’area vastissima, una delle tante di proprietà dello stesso Pompeo. Delle sue rovine, l’abbiamo visto, oggi resta ben poco, ma grazie ad alcuni frammenti della Forma Urbis (la grande pianta marmorea della città risalente all'epoca di Settimio Severo) ne conosciamo perfettamente la planimetria e le misure. Aveva un diametro di 150 metri e poteva contenere fino a 17.580 spettatori, secondo i Cataloghi Regionari, 40.000 (forse un po’ troppi) stando a Plinio il Vecchio. Dagli antichi è ricordato come una delle meraviglie di Roma, adorno di splendide statue, tra cui quattordici realizzate da un certo Caponio, abile e rinomato artista dell’epoca, che rappresentavano i popoli sottomessi da Pompeo. Annesso al teatro era poi un portico immenso, che partendo da dietro la scena, pressappoco lungo l’odierna via dei Chiavari, giungeva fino all’”Area sacra” di Largo Argentina.


Qui si apriva una grande esedra rettangolare, ancora in parte visibile dietro il Tempio della Fortuna, utilizzata come Curia per le riunioni del Senato. Fu proprio in questo luogo che si consumò, alle Idi di Marzo del 44 a.C., il più celebre assassinio della storia di Roma antica, quello di Giulio Cesare. Il grande dittatore cadde trafitto da ventitré pugnalate, proprio davanti alla statua di Pompeo che, per contro, è ancora in piedi e oggi svetta tra i saloni di Palazzo Spada, in piazza Capodiferro. Ah se potesse parlare! Una sua copia, invece, si trova all'interno di uno degli edifici costruiti proprio sui resti della Curia, a ricordarne l’antica ubicazione.

Copia della Statua di Pompeo nel cortile interno dell'edificio in via Monti della Farina 19

(Gabriella Serio - I tesori nascosti di Roma)


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