L'Oratorio del Gonfalone

febbraio 24, 2021


L’arciconfraternita del Gonfalone nacque alla fine del Quattrocento e riuniva sotto di sé ben 250 congregazioni. Il nome deriva dall’uso dei membri della confraternita di alzare lo stendardo del papa (il gonfalone, appunto) per affermare la sovranità su Roma e mostrare il loro pieno sostegno al pontefice, durante l’esilio ad Avignone, nel XIV secolo. Era attiva in campo assistenziale e molto conosciuta come organizzatrice di processioni e altre cerimonie religiose. Molto famose e seguite erano le loro rappresentazioni della Passione di Cristo, particolarmente quella che si svolgeva il Venerdì Santo al Colosseo.


Erano talmente realistiche e commoventi che, a volte, si racconta, i papi furono costretti ad interromperle per scongiurare reazioni violente della folla contro gli ebrei. Infine, vennero proibite del tutto. La congregazione aveva il suo oratorio in via del Gonfalone. Sorto nel luogo dove, nel VII secolo, sorgeva la chiesa di Santa Lucia Vecchia, fu ricostruito dalla confraternita alla metà del Cinquecento. Consacrato a San Pietro e Paolo, fu decorato con il soffitto in legno dorato intagliato, il coro ligneo e soprattutto il ciclo degli affreschi alle pareti.


La via è una traversa di via Giulia, e la semplice facciata dell’edificio non attira i passanti, ma una volta entrati il tesoro che si rivela è uno dei complessi pittorici più belli della metà del Cinquecento.


Le immagini rappresentano scene tratte dalla Passione di Gesù, probabilmente perché era, come abbiamo detto, la più famosa delle rappresentazioni che il Gonfalone metteva in scena al Colosseo. Sono opera dei maggiori esponenti della pittura manierista a Roma: Federico Zuccari, Livio Agresti, Cesare Nebbia, il Bertoja, Marco Pino, Marcantonio dal Forno e Raffaellino Motta da Reggio e realizzate fra il 1569 e il 1577, quando cardinale e protettore dell’ordine era Alessandro Farnese.


Dagli storici dell’arte, è indicato come il primo esempio di un genere di pittura che si rifà agli ideali della Controriforma, destinato a dominare la cultura artistica italiana ed europea per almeno due secoli. Straordinario è anche il soffitto ligneo, intagliato nel 1568 da Ambrogio Bonazzini, tra i grandi specialisti dell’epoca. Per la sua bellezza, questo piccolo ed elegante ambiente è stato soprannominato la “Cappella Sistina del Manierismo”.


Anche in questo luogo, si può indicare qualche curiosità al visitatore. Come nella Flagellazione, eseguita da Federico Zuccari, dove sono dipinti in alto due drappi, che sembrano pronti a chiudere la scena. Questo finto tendaggio ricorda l’antica usanza di coprire i quadri nelle chiese, quando non c’erano funzioni in corso. 


Altra particolarità sono i lanternoni che si trovano agli angoli della sala: son quelli che erano portati in processione con l’enorme crocifisso (del peso di un quintale) esposto nel portico. L’Arciconfraternita si sciolse alla fine dell’Ottocento e l’Oratorio resto in disuso per anni e col tempo abbandonato, al punto da servire come deposito per i netturbini. Fortunatamente, agli inizi del Novecento, fu “riscoperto”, la decorazione restaurata dalla soprintendenza e l’oratorio nel 1960 affidato al Coro Polifonico romano, che da molti anni organizza una raffinata stagione concertistica facendo nuovamente rivivere l’antico Oratorio del Gonfalone.


Foto di Carlo Pezzi

(Gabriella Serio – I tesori nascosti di Roma)
(M. Silvia Di Battista – Guida alle curiosità vol. 3)

 


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