Palazzo Farnese
gennaio 28, 2021Se dietro palazzo Farnese c’è un
cardinale, poi divenuto papa, dietro la famiglia e la sua ascesa c’è una donna:
Giulia Farnese. Comunemente chiamata Giulia Bella, fu l’amante del godereccio
Alessandro VI Borgia. La sua relazione ebbe molta importanza nell’accrescere il
prestigio dei Farnese, nonché nel favorire la carriera ecclesiastica del
fratello Alessandro, fino ad accompagnarlo al soglio pontificio. Più che un
semplice palazzo, sembra una reggia che domina con aristocratico equilibrio la
bella, tranquilla e nobile piazza antistante, decorata con due vasche di granito
“rubate” dalle terme di Caracalla e trasformate in fontane.
Una reggia, dicevamo.
Effettivamente, il palazzo è nato dalla grande ambizione di Alessandro Farnese,
che nel 1516 commissionò ad Antonio da Sangallo il Giovane il rifacimento di un
edificio da lui comprato a Campo de’ Fiori. Alessandro aveva manie di grandezza
come semplice prelato, figuriamoci quando nel 1534 ascese al soglio pontificio, con il nome di Paolo III: la sua umile dimora doveva essere fuori misura,
grandiosa e memorabile come il suo pontificato (è lui il papa del concilio di
Trento).
Questo richiese tempi piuttosto lunghi e l’intervento di diversi artisti,
tutti grandi, alcuni geniali. Come Michelangelo, subentrato alla morte del
Sangallo. All’interno, tra un magnifico atrio, uno splendido cortile, saloni
riccamente decorati e piccoli deliziosi ambienti a grottesche, spicca il
capolavoro di Annibale Carracci, che nel Seicento ha affrescato il soffitto
della preziosa galleria insieme al fratello Agostino, con la collaborazione del
Domenichino e del Lanfranco.
(foto da Internet) |
Sullo sfondo del cielo, prendono vita gli amori
degli dèi, come Ovidio li ha narrati nelle sue Metamorfosi, e così la poesia
incontra l’arte mentre con un trompe-l’oeil si mescolano scultura,
pittura e architettura. Questo tripudio di passioni pagane può sembrare
inusuale per la dimora di un pontefice, quello della Controriforma per giunta. Di
fatto, però, nella Roma dei papi il sacro e il profano, il mondo pagano e
quello cristiano, hanno sempre convissuto come parte di un disegno politico che
mirava a legittimare il capo della Chiesa come nuovo Cesare, erede del mondo
antico. Va anche precisato che l’opera fu commissionata per il matrimonio di
Ranuccio Farnese con Margherita Aldobrandini, nipote di Clemente VIII, e gli
sposi sono rappresentati come Bacco e Arianna in trionfo. Il lavoro, che segna
l’inizio della pittura barocca, durò ben sette anni, al termine dei quali la
nobile famiglia Farnese, con un gesto molto poco nobile, pensò bene di pagare
all’artista ciò che sarebbe spettato ad un imbianchino. Il povero Carracci, caratterialmente
tendente alla depressione, ne fu così amareggiato che non riuscì più a lavorare
e poco dopo morì. E se c’è una giustizia, lo dimostra il fatto che, dopo
secoli, il suo estro brilla ancora negli affreschi della splendida galleria,
mentre i nobili Farnese si sono estinti nel 1731.
I beni della famiglia andarono
ai Borbone di Napoli e così anche il palazzo. Ma il dado – come viene anche
chiamato il palazzo per la sua elegante e proporzionata compattezza – era tratto
e così, dopo un breve periodo nelle mani dello Stato italiano, dal 1871 è sede dell’ambasciata
di Francia, che lo aveva addirittura comprato nel 1911, salvo poi restituirlo
nel 1936, con un accordo che ne ha garantito l’affitto fino al 2035. Il prezzo
pagato dal governo francese è puramente simbolico. Come il papato di Paolo III
Farnese fu a cavallo tra Rinascimento e Controriforma, così il suo palazzo è a cavallo
tra due stili: dietro una facciata, che è uno dei più begli esempi di armonia
rinascimentale, racchiude all’interno, nella galleria dei Carracci, l’opera che
segna la nascita della pittura barocca, diventando un modello per la decorazione
dei palazzi aristocratici.
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(Giulia Fiore Coltellacci – 365 giornate
indimenticabili da vivere a Roma)
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