Chiesa di Santa Maria dei Sette dolori
luglio 24, 2020
È una delle chiese più nascoste
di Roma. Se ne sta, discreta e silenziosa, in un angolo riservato di
Trastevere, conosciuta da pochi. Eppure, è una meraviglia di Francesco
Borromini del 1642, un lavoro che l’architetto non portò mai a compimento, da
una parte, a causa dei numerosi cantieri di cui si occupava in quel periodo a
Roma e, dall'altra, a causa delle crescenti difficoltà economiche della
Duchessa Camilla Virginia Savelli Farnese che commissionò l’opera. È la
cappella del convento delle suore agostiniane oblate del Bambin Gesù. Per
vederla bisogna recarsi in via Garibaldi e varcare il grande cancello che oggi
dà il benvenuto agli ospiti di un lussuoso hotel, ricavato all'interno
dell’antico convento delle suore oblate. È un segreto ben custodito che perfino
molti appassionati di Roma non conoscono. Prima di giungere alla reception, ci
accoglie un’elegante sala ottagonale.
Da qui si accede alla chiesa,
meravigliosa, degna del Borromini. La facciata e lo stilo austero del disegno
architettonico, con quell'elegante alternanza di corpi concavi e convessi, si ispirano
alla severa clausura dell’ordine, umile e rustico, e l’essere rimasta incompiuta
aggiunge fascino e intriga il visitatore. Per l’architettura del vestibolo, ottagonale e sorretto da quattro arcate, quasi sicuramente il Borromini ha
preso spunto dalla piazza d’Oro di Villa Adriana a Tivoli.
La chiesa è disposta
lungo un asse parallelo alla facciata. La pianta rettangolare, a una navata,
con angoli smussati e pareti scandite da colonne sorrette da una trabeazione
continua, termina attorno a una finestra ad imbuto rovesciato che consentiva
alle suore di assistere alle funzioni.
Due cappelle laterali accennano una
croce.
All'interno colpiscono, oltre alla forma singolare dell'altare maggiore
sormontato da due volute e al colonnato, la pala con la Visione di
Sant'Agostino del pittore marchigiano Carlo Maratta e una tela del pittore
romano Marco Benefial con l’Addolorata con angeli che recano i simboli della
Passione (1721).
Durante le fasi finale della Seconda Guerra Mondiale, le suore
del convento annesso hanno dato rifugio a molte famiglie ebree trasteverine,
successivamente ai dolorosi rastrellamenti che portarono tanti nostri
concittadini nei campi di concentramento. Sul muro esterno del convento –
esattamente nel punto in cui via Garibaldi fa una curva a gomito – una lapide
di Clemente XIII risalente al Settecento, recita che, adiacente al convento,
era vietata la costruzione di edifici. Un divieto che oggi suona come una
beffa.
(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma)
(Claudio Colajacomo - I love Roma)
(Romatoday.it)
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