La Tomba-Monumento di Anita Garibaldi
gennaio 15, 2020Raramente
un monumento equestre è al tempo stesso tomba dell’eroe che vuole rappresentare.
In effetti, il monumento che lungo la salita del Gianicolo precede di un
centinaio di metri quello di Giuseppe Garibaldi, contiene nel suo basamento le
spoglie di Anita Garibaldi, la giovane ventottenne di origini brasiliane che
diede al generale tre dei suoi figli. Si chiamava Ana Maria ed era nata in una
piccola frazione di Laguna, nel sud del Brasile, il 30 agosto del 1821. Figlia di
un mandriano, imparò subito a cavalcare e dubitiamo fortemente che lo facesse
nel modo aggraziato che volle per lei lo scultore Mario Rutelli (bisnonno del politico
Francesco). Di carattere ribelle, mascolino, spregiudicato, montava sicuramente
come un’amazzone, non certo con lunghe gonne e le gambe insieme da un solo
lato, con una posa che ricorda Audrey Hepburn in Vacanze romane, scarrozzata
sulla vespa dal giovane Gregory Peck. Ana Maria, che era per tutti “Aninha”, un
diminutivo portoghese del suo nome, catturò la mente e il cuore di Garibaldi,
fulminato dal coraggio battagliero di quella donna, sempre in prima fila quando
c’era da combattere per la libertà, per le istanze sociali e contro il potere
assoluto. A fianco di Garibaldi, Aninha divenne Anita e seguì l’eroe di Caprera
in modo instancabile, fin quando gli stenti, le difficoltà e una nuova gravidanza
incipiente, la fermarono per sempre a Mandriole di Ravenna, dove era arrivata la
coppia, con un manipolo di fedelissimi del generale, fuggendo da Roma, dopo il
fallimento della Repubblica Romana e con l’intento di aggregarsi alle forze
veneziane, che resistevano agli austriaci. Sepolta in fretta nella sabbia, per
evitare di lasciare tracce e consentire la fuga dei pochi ricercati, le sue
spoglie verranno disseppellite sette giorni dopo e tumulate prima a Mandriole,
poi a Nizza, quindi a Staglieno e infine il 2 dicembre 1932 nella base del
monumento al Gianicolo. Povera, coraggiosa Anita, che probabilmente mai avrebbe
cavalcato nel modo in cui si è voluta tramandare la sua immagine, immagine
comunque bella e aggressiva, esattamente come era nelle corde di questa donna
tanto emancipata e intraprendente.
(Rinaldo Gennari - Stravaganze romane)
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