Ghetto: Piazza Mattei

marzo 27, 2021

 

Piazza Mattei nel 1800 segnava il confine tra la Roma Cristiana e la Roma Ebraica: i Mattei ed i Costaguti, infatti, detenevano le chiavi di una delle porte del Ghetto, posta tra Piazza Mattei e l’inizio di Via della Reginella. Queste porte ogni sera, al tramonto, venivano sbarrate per essere poi riaperte solo il mattino seguente. Il nome ricorda quello della potente famiglia di conti, che a lungo visse proprio in questa zona, costruendo ben cinque Palazzi noti come “Isola Mattei”. La Piazza, piccola e nascosta, è certamente una delle più incantevoli di Roma. Qui si affacciano, come abbiamo detto, i due Palazzi Nobiliari della famiglia Mattei e dei Costaguti, ancora oggi abitato dagli ultimi eredi dell’importante Famiglia. Immancabile una Fontana posta al centro della Piazza, sulla quale aleggia una famosa leggenda.


Sembra che il duca Muzio Mattei, rampollo della grande famiglia, avesse perduto una parte notevole della sua fortuna al gioco. Decise, quindi, di sorprendere il futuro suocero con un coup de theatre e convincerlo a dargli in moglie la figlia. Fece realizzare la fontana in una sola notte, posizionandola proprio al centro dell’isolato dei palazzi che appartenevano alla sua famiglia. La mattina dopo, convocati padre e figlia nella residenza nobiliare, senza dir nulla, li fece affacciare alla finestra, da cui si poteva ammirare l’opera appena realizzata, esclamando: “Ecco che cosa è capace di fare in poche ore uno squattrinato Mattei”. Naturalmente, secondo la leggenda, l’espediente ebbe successo e la giovane andò in sposa al duca, perfino con le scuse da parte del suocero diffidente, e la finestra, che era stata “testimone” del fatto, fu murata per porre fine alle chiacchiere.



La leggenda è però palesemente falsa, almeno per quanto riguarda le tempistiche: la fontana fu realizzata, infatti, nel 1585, prima che venisse edificato il palazzo antistante, nel 1616. C’è allora chi ha affermato che in quella fatidica notte non avvenne la vera e propria realizzazione della fontana (del resto del tutto inverosimile), bensì il suo spostamento: l’opera, cioè, era già stata realizzata, ma si trovava in un posto diverso e nascosto (nell'isola dei Mattei o in qualche altro giardino privato) e il duca si limitò solo ad ordinare che fosse ricollocata nel centro della piazza, sotto le finestre del palazzo, per far colpo sulla famiglia della sua amata. Quel che è certo è che l’artefice della bellezza di questa fontana fu, oltre a Giacomo Della Porta, che la disegnò, lo scultore Taddeo Landini, che realizzò le elegantissime figure dei quattro efebi di bronzo, eretti su conchiglie di marmo, che poggiano il piede su altrettanti delfini e con la mano sollevata spingono nella vasca quattro tartarughe.


Le tartarughe, da cui la fontana prende il nome, furono aggiunte nel corso di un restauro avvenuto nel 1658, per volere di papa Alessandro VII e sono opera di Andrea Sacchi o, più probabilmente, di Gian Lorenzo Bernini. Forse per questo, per il loro valore o semplicemente per la loro fama di animali-talismano, furono più volte rubate: la prima all'inizio del secolo scorso, nel 1906. Per fortuna, in questo come negli altri casi, furono sempre ritrovate. L’ultimo furto avvenne in pieno conflitto mondiale, nel 1944, e in quella circostanza fu addirittura uno straccivendolo a farle ritrovare e a riconsegnarle integre alle autorità, le quali, però, dopo l’ennesima sparizione di un esemplare, mai più ritrovato, nel 1979, si convinsero che fosse giunto il momento di salvaguardare le tartarughe, anche per la relativa facilità con cui potevano essere asportate dai malintenzionati. I tre pezzi originali furono messi al sicuro nei Musei Capitolini e sulla fontana furono poste delle copie, quelle ancora oggi presenti, in tutto identiche alle originali.


 

(Fabrizio Falconi - Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma)
(viaggiandonelmondo.it)

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